di Clelia Castellano

UP PATRIOTS TO ARMS…

La Fantasia dei popoli, che è giunta fino a noi, non viene dalle stelle… E no, signori, ci piaccia o no, viene da carne, cuore e spirito umano.
Viene dalla meraviglia capace di nascere nel fango, dalla tenacia degli spiriti liberi capaci di immaginare il cielo oltre le sbarre, la poesia oltre la prosa dei giorni, la dignità di restare uomini oltre l’oltraggio dell’insulto inflitto con brutalità e cieca violenza per annientare l’altro. Viene, ci piaccia o no signori, per il nostro Occidente, anche dagli ebrei. Il nostro umanesimo, il nostro sogno europeo, il nostro pensiero
liberale, le medicine che quotidianamente ci salvano, la letteratura e la musica che ci emoziona, non li dobbiamo certo a Smotrich, ma all’ebraismo sì; ci piaccia o no l’idea, è una delle grandi anime che hanno reso fiorenti le nostre città, vivaci i nostri luoghi di studio e mai noiose le nostre accademie.
Persino il Cristianesimo fa i contri con l’ebraismo, oscillando fra dialogo e barbarie (quando cede alla retorica del deicidio o riscrive la storiografia decostruendo l’immaginario del martirio). Il Cristianesimo stupendo, libero, autentico, che ci ha dato voci umili e leali come Carlo Carretto, ha animato le vite di giovanissimi nel sogno delle sentinelle del mattino di papa Woytila, ha commosso con la fede semplice di Thérèse de Lysieux, quel cristianesimo ha raccolto l’eredità evangelica per farne Vangelo della Gioia : “Vi riconosceranno da come vi amerete” (Gv 13,34 -35). Quel cristianesimo non ha bisogno di fingere che Cristo non fosse ebreo, perché riconosce l’antisemitismo, così come ogni altra forma di odio, come massimo tradimento di quel comandamento nuovo che dovrebbe sostenerci nel compiere il
nostro terreno, controverso miracolo di essere creature d’amore. In memoria sua, i cristiani non possono essere antisemiti, né ignorare la santa radice dell’ebraismo. E quanto ai laici, invito ogni scettico e ogni contabile ad analisi quantitative sui contributi dell’ebraismo al pensiero e alle scienze, alle arti e al diritto, spesso nelle loro versioni migliori.
Naturalmente, se per secoli si è sedimentato un fiume carsico misto di invidia verso l’eccellenza e ignoranza crassa, il cui letto è stato costituito sostanzialmente dal fraintendimento e dal saccheggio ideologico di un ebreo chiamato Gesù, non sorprende che in questi giorni oscuri di cancel culture il popolo della memoria sia quello che dà più fastidio alla fallace Doxa. Il solo fatto che una straripante
maggioranza più emotiva che razionale, più agglomerata che compatta, più scriteriata e violenta, che pacata e informata, riempia le piazze, dovrebbe quanto meno instillare la sana arte del dubbio a coloro che, tralasciando i presunti misfatti culturali e politici di Sion, avranno pur letto i classici greci…

Gli intellettuali, anche per introdurre un elemento di proporzionalità, parola a loro tanto cara in questi mesi, nel dibattito pubblico, potrebbero sottrarsi al linciaggio a senso unico di Israele, esercitando un pensiero critico complesso, capace di restituire il dramma di un popolo di civili israeliani che protesta da mesi nelle strade per la restituzione degli ostaggi e affinché si possa vivere in pace. Ci sono anche ebrei
cattivi? Ci sono anche politici ebrei ottusi, non lungimiranti, capaci di farci rimpiangere i grandi del passato? Certamente, ma da qui a dire che ogni ebreo è malvagio, ogni ebreo della diaspora è un complottista dalle mani sporche di sangue ce ne corre…ma nel paese in cui alcuni credono ancora che I Protocolli dei Savi anziani di Sion non sia un falso storico la complessità di analisi costa, è più facile
gridare “Barabba!” C’è di buono che la maggioranza degli italiani I Protocolli non sa neppure cosa siano e quindi, come sempre nella Storia, il male è anche amico del bene e c’è ancora speranza.
Intanto, complice l’ignoranza mista a perversi transfert psico-culturali, si narra che la libertà corra nelle strade dell’Occidente indossando i colori del verde, del rosso e del nero (quasi una bandiera italiana disegnata male, nel mio personale subconscio, per poco che vale – e l’efferato cromatismo evoca un’altra canzone di Battiato, “Povera patria”).

Ma è davvero libertà? O un complesso fenomeno di massa che catalizza un esercito di gregari, disillusi, cercatori di ventura, genuini ingannati, dentro un coacervo di emozioni irrisolte, vaghe rivalse individuali o di gruppo e moti sinceri racchiusi, all’insaputa delle masse, in un frame ineluttabilmente gregario? Dentro
molti di noi si agita il desiderio di rottura dell’ordinario, di partecipazione protagonista a una rete sociale che tende a desaffiliarci e che vorremmo cambiare; ma dopo mesi di cortei sgargianti i quali, se si fossero svolti in diversi dei paesi arabi sedicenti vittime della hybris israeliana, in sostegno dei quali si è marciato, avrebbero comportato arresti, torture ed esecuzioni, forse dovremmo iniziare anche a dialogare
nuovamente con la nostra libertà interiore. Allora sì, la fantasia dei popoli, i loro sentimenti terreni, ritroverebbero la via del cielo stellato e di una legge morale che non può consentire mai, a nessuno di noi, di reificare l’altro, coltivarne la negazione e la cancellazione, ignorarne sangui e memorie.

Peccato che anche il filosofo della Pace accusi gli ebrei e li stigmatizzi dentro pregiudizi, disvelandoci così i pericoli della via siderale del pensiero. Il meglio, come cantava Battiato, non viene dalle stelle. Lasciamole, dunque, per tornare alle strade, che domani, in tutta Italia, saranno riempite dai cortei sempre più solidali verso le sorti dei palestinesi e sempre più indifferenti a quelle delle vittime del pogrom del 7 ottobre e dei pochi ostaggi rimasti nei tunnel da oltre 700 giorni – questo sempre in ossequio al principio della proporzionalità, tanto caro alle sinistre di mezza Europa.
Chiunque sia dotato di un minimo di empatia, a prescindere dalla mendacia storiografica tirata in campo, non può che essere solidale con tutte le vittime civili, bambini soprattutto, siano esse ebree o arabo-palestinesi, e non può non soffrire pensando alla fame, alla violenza e alla distruzione di Gaza – più che mai oggi, quando le parole di un politico che rappresenta un’eccezione, e non la regola ebraica, svilisce la sacralità della tragedia di questa martoriata striscia di terra.

Se Golda Meyr fosse viva, lo sculaccerebbe! Il mondo civile giustamente vuole scendere in strada e gridare basta, proprio come gridano da mesi gli stessi israeliani in patria. Ancora attualità di Battiato: esistono carnefici, esiste l’imbecillità. Ma attenzione alle banalizzazioni e al demone mai sopito dell’antisemitismo. Per tornare alla proporzionalità numerica, che dopo il genocidio è il lessema più clikkato e utilizzato del web, cerchiamo di approfondire la narrazione propal. Gli ebrei non sono gli unici
attori della sofferenza nella storia, la loro postura iperepifanica, che ha trionfato per decenni dall’Ivy League a Hollywood, passando per le realtà editoriali, culturali e accademiche europee, va messa in sordina: così oggi iperepifanico diventa il bambino palestinese con la pentola vuota in mano, il terrorista elevato al rango di eroe (vedi Sinwar e co.), il manipolo di studenti che gozzoviglia dinanzi alla Columbia mentre scorrono i video del 7 ottobre, o quello che impedisce al giornalista David Parenzo di
prendere la parola, solo perché è ebreo, in un ateneo della democraticissima Italia; tanto democraticissima, infatti, da poter dare lezioni di democrazia a Israele, dove polemiche e contestazioni sono consentite, stampa ed editoria criticano liberamente la destra al governo e un’araba cristiana è rettrice all’Università di Haifa. Nulla di nuovo all’orizzonte, la Storia è spesso stata fatta da buoi che dicevano cornuti agli asini. E a proposito di asini, le proteste del 22 settembre si abbattono sulla scuola,
ultima oasi di coscienze da colonizzare e irregimentare dentro un pensiero unico
antisionista in blocco, senza contradditorio.

Ancora una volta i lavoratori saranno turlupinati, e grazie all’esasperazione di un distrattore esterno al discorso, ma tirato in ballo strategicamente, il palestinese, nuovo ebreo errante nell’immaginario collettivo, i loro diritti di masse lavoratrici saranno relativizzati, messi in sordina, insoddisfatti. La cosa avverrà, e sarò lieta di essere smentita dalla storia, perché credo in un’Italia che debba essere Repubblica
Democratica fondata sul lavoro, con il supporto della stessa classe lavoratrice, che domani, oltre a parlare di Palestina, dovrebbe ottenere impegno e risposte concrete su temi decisivi per la tenuta democratica del nostro paese, come il generale miglioramento delle condizioni economiche e sociali tramite provvedimenti strutturali di ampio respiro, che investano il sistema pensionistico, la precarietà e i
meccanismi di adeguamento della stagnazione salariale al costo della vita. Per tacere della sicurezza sui luoghi di lavoro, quelli sì, pericolosi di una pericolosità che fa pensare alla striscia di Gaza! Tutta questa complessità, così come i genocidi silenziosi e reali di Myanmar, Sud della Siria contro i drusi, Darfour,
dall’iperepifania di un genocidio in gran parte costruito mediaticamente, quello di Gaza, sarà risolta dentro slogan strumentali ad una ipernarrazione che dovrà prevalere contro tutto e tutti, per dimostrare che Israele è il male. E il prezzo di questa retorica antisemita saranno le mancate conquiste dei lavoratori della classe media.
L’Ayatollah Khomeini per molti è santità
Abbocchi sempre all’amo
Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia
Che crea falsi miti di progresso

Intellettuali di tutto il mondo, dai fiumi ai mari, unitevi!
Up patriots to arms! Engagez-vous!
Siete delle lucciole che stanno nelle tenebre, a tessere i fili dimenticati e recisi della
complessità. Siete i dubbiosi, perplessi cercatori della pace. Perché cercate l’uomo.
Umanisti di tutto il mondo, Engagez-vous!

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