di Francesco Speroni*

Apri il giornale e leggi: attacco israeliano a Gaza, 30 morti. Attacco israeliano a Gaza, 14 morti. Attacco israeliano a Gaza, 50 morti. Attacco israeliano a Gaza, 28 morti.

Ma in quale altra guerra del mondo c’è questo stillicidio quotidiano di vittime così preciso, così puntuale, così aritmeticamente esatto?

È una domanda tanto semplice quanto devastante. Perché nessun altro conflitto armato al mondo è raccontato con questa ossessiva regolarità aritmetica, con questo bollettinismo funerario quotidiano, puntuale come un orologio svizzero: un numero secco, un titolo, un’accusa. E quasi sempre – notalo bene – senza neppure uno straccio di immagine.

Prendiamo la guerra Russia–Ucraina. Sì, ci sono i morti. Migliaia. Ma i numeri sono generici, a posteriori, spesso discordanti: “oltre 20 vittime in un raid russo”; “almeno 30 civili colpiti”. Non si vede, ogni santo giorno, una notizia tipo: «Attacco ucraino a Belgorod: 19 morti.»

Figuriamoci per Sudan, Yemen, Siria, Birmania, Etiopia, Congo. Lì le guerre vere si combattono e si dimenticano in silenzio. Nessun “Ministero della Salute” rilascia numeri ufficiali entro 5 minuti da ogni bomba. Nessun titolo quotidiano recita: «Oggi raid yemenita, 26 morti. Ieri erano 24. Domani si vedrà»

Solo a Gaza. Solo lì.

Perché quella di Gaza non è solo una guerra militare: è una guerra narrativa, in cui ogni vittima è una miccia accesa contro la coscienza dell’Occidente.

Il bollettino arriva sempre, subito, con precisione chirurgica: «14 morti tra cui donne e bambini.» «28 uccisi in un campo profughi.» «50 vittime, la maggior parte civili in fila per prendere l’acqua».

Ma – ed è qui il punto cruciale – non seguono mai immagini. Nessuna foto, nessun video dell’attacco, dei corpi, dei funerali. Eppure Gaza è letteralmente piena di telecamere, giornalisti embedded, cellulari in mano a ogni miliziano, droni, postazioni di propaganda. È il luogo più osservato, più sorvegliato, più documentato dell’intero Medioriente. Eppure… il buio. Solo il numero. Solo il titolo. Solo la condanna.

Il Ministero-fantoccio e la macchina perfetta

Il cosiddetto Ministero della Salute di Gaza – sempre citato dai giornali con rispetto burocratico – è in realtà un’emanazione diretta di Hamas, che governa la Striscia dal 2007, dopo un colpo di Stato militare contro Fatah. Non è un ministero, è un organo di propaganda mascherato da istituzione pubblica.

Ogni numero che rilascia non è un dato verificato, ma un elemento della narrazione strategica. Una narrazione in cui ogni giorno c’è una nuova strage. Sempre con numeri tondi, sempre con donne e bambini, sempre in assenza di immagini. Perché? Perché funziona lo stesso. I media occidentali riportano tutto senza verifiche, senza fonti indipendenti, senza domande. La formula magica è: «Secondo il Ministero della Salute di Gaza…» e da lì in poi vale tutto. Anche l’invisibile. Anche l’inverificabile. Anche il falso.

credits :Il Sole 24 Ore

Guerra psicologica, non cronaca

Diciamolo chiaramente: siamo davanti a un caso senza precedenti di manipolazione sistematica dell’informazione di guerra. Non è giornalismo, è ingegneria della colpa. Non è cronaca, è guerra psicologica travestita da notizia. E il pubblico occidentale – fragile, colpevolizzato, ansioso di mostrare empatia – ci casca ogni volta. Un po’ per ingenuità, un po’ perché comunque quegli imperialisti israeliani meritano solo il peggio.

Israele, nel frattempo, fornisce dati precisi ma parziali, cerca di distinguere tra terroristi e civili, comunica lentamente, e in una lingua che il pubblico non vuole più ascoltare. Il danno è già fatto: ogni giorno, una nuova cifra, un nuovo titolo, un nuovo boato mediatico.

La domanda resta. E brucia.

In quale altra guerra del mondo arrivano ogni giorno i numeri precisi dei morti, un istante subito dopo dopo ogni attacco, senza immagini, senza fonti, e tutti li pubblicano come se fossero Vangelo?

La risposta è: in nessuna.

Solo a Gaza.

Solo in quella guerra in cui la morte è il messaggio, e la verità è l’ostaggio.


*Francesco Speroni fino a pochi anni fa ha svolto l’attività di cameraman e editor. È stato documentarista d’arte per poi dedicarsi, a partire dal 2005, alle news, trasferendosi in Israele dove vi rimane quasi cinque anni lavorando soprattutto per Rede Globo. Dopo questo intenso periodo, si trasferisce prima in Giordania, poi nelle Filippine, dove vi rimane alcuni anni lavorando nella produzione cinematografica. 

E’ il Coordinatore per la Versilia della Associazione Apuana Amici Italia Israele.

3 thoughts on “Ma in quale altra guerra del mondo arrivano ogni giorno i numeri precisi dei morti?

  1. Come sempre leggo notizie interessanti mi sono stancato delle menzogne di chi difende i terroristi e spero che presto venga fatta pulizia dei terroristi che speculano sugli stessi Palestinesi…
    Marco Leonardi

  2. Ecco guerra narrativa è il corretto termine , svincolata dalla realtà e prova di alcun riferimento o immagine ma solo la certificazione del fantomatico ministero della salute di Hamas .
    Una guerra che israele ha perso perché non l’ha voluta combattere .

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