Nonostante sia stato l’unico alto comandante di Hamas a farsi intervistare con nome e cognome da una tv internazionale, nella Striscia continuano a chiamarlo ‘il fantasma di Gaza city’.
Ectoplasma come diversi altri leader dell’organizzazione terroristica che per anni hanno dribblato gli omicidi mirati dell’Idf, soccombendo alla fine nella guerra scatenata dal massacro del 7 ottobre.
Ma non lui, Izz ad-Din Haddad che, dopo l’uccisione di Muhammad Sinwar a maggio, è diventato il capo militare di Hamas nella Striscia e leader di fatto dell’organizzazione fondamentalista. Come ha confermato a mezza bocca giovedì sera il portavoce dell’esercito israeliano.
Secondo fonti di intelligence, Haddad si trova ancora nella sua città natale, Gaza city, sopravvissuto a ben sei tentativi di assassinio da parte dell’esercito israeliano. Considerato da anni come uno dei più importanti leader delle brigate Qassam, l’ala militare di Hamas, sarà lui a dare filo da torcere ai mediatori (ma soprattutto a Israele e Usa) per arrivare a un accordo che metta fine alla guerra a Gaza e alla liberazione di tutti gli ostaggi: 50 di cui forse 20 ancora in vita.

(due immagini di Izz ad-Din Haddad)
Haddad, dicono le fonti più informate, è il più accanito oppositore dell’obiettivo di Benyamin Netanyahu di cacciare Hamas dal governo dell’enclave. All’inizio del 2025 si è presentato davanti ai microfoni dell’emittente al Jazeera, di proprietà del Qatar (Paese che da anni finanzia Hamas anche con il consenso del governo Netanyahu), unica tv straniera presente a Gaza durante la guerra.
A volto coperto, ha spiegato che “Israele, sostenuto dagli Stati Uniti e dall’Occidente, dovrà sottomettersi alle giuste richieste di Hamas”. Ossia, il ritiro completo dell’Idf dalla Striscia, la fine totale del conflitto, il rilascio dei terroristi detenuti in Israele, il passaggio di merci dall’Egitto e la ricostruzione di Gaza. Ora, nonostante diverse fonti anonime dell’organizzazione islamista abbiano fatto trapelare sui media arabi maggiore disponibilità delle fazioni palestinesi per la ripresa dei negoziati, non sfugge il peso della dichiarazione del nuovo leader riportata dal New York Times: “Vogliamo un accordo onorevole. L’alternativa è trasformare la campagna in una guerra di martirio”.
Haddad, che appare nelle poche foto a disposizione in tuta mimetica, corpulento (e per questo oggetto del sarcasmo degli oppositori sui social che gli contestano di essere in sovrappeso nonostante la sbandierata ‘carestia’), capelli e barba bianca, sulla cinquantina, parla bene l’ebraico e si è occupato personalmente degli ostaggi nel nord di Gaza. Che lo hanno incontrato diverse volte.
Non si fida neppure delle sue guardie del corpo, considera la resistenza cecena nelle guerre contro la Russia un ‘modello’ da seguire, spinge per l’accordo ma non molla la presa. E forse la morte del figlio maggiore Suhaib durante la guerra è motivo per irrigidire ancor di più la sua posizione. L’ex ostaggio Keith Siegel, 484 giorni prigioniero di Hamas, ha raccontato l’ultimo atto prima di lasciare la Striscia: “La mattina della liberazione, camminavamo da soli sul lungomare della spiaggia di Gaza. Quando Haddad ha visto che ero teso, mi ha detto: ‘Sii felice, stai tornando a casa”.
Fonte: laregione.ch