di Marco Del Monte

Da due anni ormai viviamo un incubo quotidiano che va crescendo di giorno in giorno, arricchendosi di nuovi episodi, l’ultimo dei quali è comparso su Libero mail e riguarda l’uccisione di un giovane atleta gazawi dell’età di 13 anni, al quale un militare israeliano avrebbe sparato.

Per questo motivo Israele è stato subito bandito dai giochi ai quali stava partecipando, con sospensione pure dell’inno nazionale. Anche in questo caso senza nessun processo e solo per notizia “de relato” (cioè riferita), a conferma del fatto che gli israeliani sono dei genocidi capaci di tutto.

Il fatto è vergognoso perché ormai tutti si sentono autorizzati a “vendicare” i palestinesi, senza mai cercare di accertare i fatti come realmente si sono svolti.

Tocchiamo con mano l’arbitrarietà di decisioni che vengono prese solo contro Israele.

A nulla vale la notizia circolata in seguito che l’atleta in questione era mescolato tra la folla e, probabilmente, armato; ai tempi di Cesare Beccaria (fine settecento) vigeva l’assunto “in dubio pro reo”, cioè nel dubbio si deve assolvere anche un reo, ma ora basta essere ebrei per prendere decisioni “contra reum”.

La narrazione della guerra di Gaza ormai è a senso unico, così Israele rischia il totale isolamento e questa sì è una tragedia; Mao Tsè Tung diceva: “metti un gatto all’angolo e diventa una tigre” ma tutto ciò l’Occidente non lo capisce.

Gli Ebrei sono quelli di Sansone che ormai vinto e cieco chiede al Signore la forza di morire coi nemici che lui sta per uccidere, compiendo una strage; gli Ebrei sono quelli di Masada, che si suicidano per non cadere vivi in mano ai Romani. Messo alle strette, Israele ricorderà al mondo che possiede l’arma atomica e c’è ancora un proverbio a descrivere un ipotetico futuro: D-o ci salvi dall’ira dei giusti.

Non si può assistere inerti alle aggressioni giornaliere a bambini e vecchi solo perché gli utili idioti di Hamas vedono in ogni ebreo un feroce nemico. Né si possono sopportare ancora a lungo queste continue accuse di affamare la popolazione civile quando, unico stato al mondo, Israele fornisce acqua, anche impiantando nuovi desalinizzatori, energia elettrica, gas, petrolio, cibo, medicine e beni di conforto ai propri agguerriti nemici.

Chi è andato a chiedere le stesse cose a Churchill o ad Eisenhower quando gli alleati bombardavano Dresda..? E chi è andato a chiedere agli americani di restituire le terre ai Sioux o ai Navajos…? Perché questa cosa la si chiede solo agli ebrei…?

L’Occidente non solo sta isolando Israele, ma lo sfida e con esso sfida anche il mondo arabo moderato, perché Egitto, Giordania, Emirati ed Arabia Saudita non ne possono più del problema palestinese.

Quando, dopo il 7 ottobre, Israele ha reagito Egitto e Giordania hanno chiuso le frontiere, in barba ad ogni principio di solidarietà, ma questo è passato nel dimenticatoio. Il valico di Kerem Shalòm era ancora aperto, ma l’Egitto sigillò immediatamente Rafàh, ma neppure questo si racconta più.

La narrazione è a senso unico ed è confermata da due notizie: la prima vede una inviata della Rai minacciata da un “colono”, e la seconda è l’intervista che David Grossman ha concesso a Repubblica. La prima è stata riportata come un sacrilegio, perché la giornalista rappresenterebbe la stampa libera di un paese amico; tutti sanno che non è vero, però viene detto con lo stesso tono solenne con il quale si recita un Paternoster. Mettiamoci un momento nei panni di colui che avrebbe minacciato la reporter; innanzi tutto usiamo il condizionale, mentre il tgr 3 ha usato il tono perentorio e assoluto del padreterno che dà le tavole della legge al popolo.

La seconda illustra benissimo il masochismo nel quale molti ebrei stanno precipitando: pur di colpire Netanyahu fanno i salti mortali anche degli insospettabili, come Grossman, che tra l’altro ha perso un figlio in guerra. Un ebreo che accusa Israele di genocidio senza uno straccio di prova, non si rende conto che non sta porgendo l’altra guancia, ma tutto se stesso, terga comprese. Non gli è passato neanche per l’anticamera del cervello che se fosse stato all’autogrill con la chippà in testa e la Repubblica in mano sarebbe stato aggredito comunque.

Gli scalmanati, invasati e del tutto compresi della missione che si sentono di dover svolgere non avrebbero fatto i complimenti. Mi viene in mente una delle ultime scene del “Federale”, quando Tognazzi, ignorando che la guerra era finita, si avvicina a delle persone mostrando la sua bella divisa e naturalmente viene malmenato; allora il professore inglese che era con lui gli dice che non picchiavano lui, ma la divisa e Tognazzi esclama “ma dentro la divisa c’ero io”: ricordatelo cari ebrei di sinistra.

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