di Daniele Coppin*

“Il silenzio della Comunità ebraica italiana su Gaza è complicità. Il mio appello: uscite dal ghetto!” Così scriveva qualche giorno fa Gianluca Ferrara, già senatore del M5S, sul Fatto Quotidiano. Non è la prima volta che viene chiesto agli Ebrei di prendere le distanze da Israele per quello che, unicamente sulla base delle cifre fornite da Hamas (che ancora governa Gaza dal 2007) e riprese da Al Jazeera, emittente del Qatar, cioè del principale finanziatore di Hamas (e quindi non una fonte neutrale), viene definito da molti politici, intellettuali, giornalisti come un “genocidio”.
In realtà, se consideriamo i numeri della popolazione di Gaza (2.300.000 abitanti) e del numero di vittime dichiarate da Hamas e riprese da Al Jazeera (60.000, all’interno dei quali è inclusa anche gran parte dei terroristi di Hamas, Jihad e varie altre formazioni terroristiche gazawe) non sembrano molto coerenti con quello che è l’elemento principale per definire un genocidio, vale a dire il rapporto tra il numero degli individui morti e il numero del popolo oggetto di sterminio. Gli Armeni, che in Turchia, nel 1915 erano circa 3 milioni, nel 1917, dopo le persecuzioni e le marce della morte messe in atto erano diventati 1,5 milioni, cioè il 50 % in meno in soli due anni. Gli Ebrei europei, che prima del 1939 erano circa 11 milioni, nel 1945, dopo la Shoah si erano ridotti a 5 milioni, cioè il 45 % in soli 6 anni di guerra. Ed ancora: i Tutsi, che in Ruanda rappresentavano, nel 1994, circa il 25 % della popolazione su 5,5 circa di abitanti dello Stato africano, furono ridotti, nel giro di un mese, passarono da circa 1,4 milioni a 400 mila. Più del 70 % degli individui di etnia Tutsi erano stati massacrati.
50 %, 55%, 70 %: Questo il numero di individui uccisi in veri genocidi. Nel caso di Gaza le vittime palestinesi “dichiarate” (60.000) rappresentano il 2,6 % della popolazione (2.300.000).
E siccome i “fedeli” attivisti e venditori della propaganda propal un tanto al chilo, tengono a sottolineare che “sono 80 anni che va avanti il genocidio dei Palestinesi”, vale la pena sottolineare come i Palestinesi, nel 1948, quando è nato lo Stato di Israele, fossero 800 mila e oggi siano diventati più di 8 milioni. Un aumento di dieci volte del numero degli individui: davvero un caso unico di genocidio!
Ma lasciamo da parte la questione dei numeri, rispetto alla quale i Palestinesi hanno la tendenza ad aumentarli, quando si tratta di loro, e a diminuirli, quando si tratta degli Ebrei (Abu Mazen si è laureato all’Università Patrick Lumumba di Mosca con un tesi in cui sosteneva che gli Ebrei morti nella Shoah fossero in realtà “solo” 400 mila), e torniamo all’articolo dell’ineffabile Gianluca Ferrara. Perché si chiede agli Ebrei di prendere le distanze da Israele quando non è mai stato chiesto ai Palestinesi, neanche i primi giorni dopo il massacro del 7 Ottobre, di prendere le distanze da Hamas?
E perché, a fronte di alcuni Ebrei che prendono le distanze da Israele, non si è mai levata, dalla comunità palestinese in Italia e in Occidente, neanche per una volta una voce di condanna per il massacro del 7 Ottobre? Anzi, a dirla tutta, nei cortei e nei comizi pro Palestina, oltre alla frase “Palestina libera dal fiume al mare”, che sottintende la cancellazione di Israele, si sono viste bandiere di Hamas e foto dei leader di Hamas.
Però, per qualcuno, è importante che gli Ebrei a prendere le distanze da Israele…
Per secoli la Chiesa è stata caratterizzata dall’antigiudaismo che considerava gli Ebrei colpevoli per la morte di Gesù ma consentiva loro di redimersi facendo abiura e abbracciando la religione cristiana. A quel punto l’Ebreo smetteva di essere tale, diventava cristiano e salvava la vita e l’anima (!).
Oggi non si chiede più agli Ebrei di abiurare la religione, ma, nel momento in cui si pretende che essi prendano le distanze da Israele e si schierino con chi urla “Palestina libera dal fiume al mare”, si chiede loro di abiurare la propria identità, di allontanarsi anche idealmente da familiari, parenti, amici, correligionari che vivono in Israele. Il tutto in cambio della “salvezza civile” che consente di poter presentare libri a concorsi (e magari anche di vincere), esibirsi al teatro, circolare “tranquillamente” per le strade, lasciando che il proprio retaggio, la propria cultura, la propria identità vengano inghiottiti dall’oblio, per poi ricomparire per un giorno all’anno, il 27 Gennaio, il Giorno della Memoria, i cui si vorrà che si dichiarino “ebrei” consentendo che quell’essere ebrei (anche se ormai lo si è più) venga usato come arma politica contro i fascisti perché quelli sì che sono antisemiti, mentre gli
altri sono “soltanto” contro i Giudei.

One thought on “Malafede, odio e bolle del genocidio che non c’è

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