di Azzurra Iovino*

l Consiglio comunale approva una mozione contro Israele, tra disordini in piazza, genitori ignorati e assenze bipartisan. Ma i problemi reali della città restano senza voce
Bandiera palestinese sui banchi della giunta, cori militanti in aula, una mozione votata all’unanimità (dai pochi rimasti) per rescindere ogni collaborazione istituzionale con enti israeliani. È accaduto al Maschio Angioino, sede simbolica del Consiglio comunale di Napoli, che per un giorno ha indossato i panni della diplomazia internazionale. Lo si apprende da un articolo di Dario De Martino per «il Mattino». Intanto, fuori, in piazza, si consumavano scene ben più concrete e urgenti: cariche di alleggerimento da parte della polizia durante la protesta dei disoccupati organizzati. E all’interno, a margine del dibattito, i genitori di Patrizio Spasiano, il diciannovenne morto sul lavoro, attendevano invano il previsto momento commemorativo. Se ne sono andati, tra l’indifferenza generale, carichi di dolore e amarezza.

Una mozione ideologica votata da pochi
In aula, l’opposizione era pressoché evaporata. La mozione, firmata da Sergio D’Angelo e Rosario Andreozzi, è stata votata solo dalla maggioranza, mentre Iris Savastano (Forza Italia) ha abbandonato l’aula prima del voto, dopo essere intervenuta per criticare l’impostazione unilaterale del dibattito. Il documento impegna il sindaco Manfredi a rescindere ogni collaborazione con «enti e istituzioni israeliane espressione del governo in carica», privilegiando invece ong pacifiste. Ancora: si chiede a Manfredi, nella sua veste di presidente Anci, di sostenere in Regione Campania misure restrittive verso università e imprese israeliane, allargandole persino a livello nazionale. Un passo formale che difficilmente produrrà effetti pratici, ma che rafforza l’immagine di un Consiglio più attento alle crisi internazionali che alle macerie sociali sotto casa.

Il pluralismo negato e la voce mancante
Fuori dall’aula, tre associazioni di amicizia Italia-Israele protestano: nessun invito, nessun contraddittorio. «Ci è stato negato il diritto di partecipare a un dibattito serio», scrivono in una nota. Ricordano che Hamas è un’organizzazione terroristica e che la popolazione palestinese è spesso sua prima vittima. «Avremmo voluto spiegare che le nostre posizioni non riflettono quelle del governo israeliano, ma la voglia di dialogo e confronto». Il Consiglio comunale, invece, ha preferito il monologo. Applausi, cori, slogan. Nessuna voce contraria, nessun equilibrio. E, per assurdo, proprio in nome della pace, si è scelto di tagliare ogni relazione.

La retorica dei grandi temi non copre il vuoto della città

In aula c’era anche Nicola Fratoianni: «Non possiamo rassegnarci a una guerra che diventa strumento ordinario dei conflitti». Un’affermazione alta, forse persino condivisibile, ma fuori contesto in un’aula comunale. Napoli ha il tasso di disoccupazione giovanile più alto d’Italia. Ha un’emergenza abitativa cronica, una gestione dei rifiuti che torna a scricchiolare, una sanità territoriale al collasso. Eppure ieri, al Maschio Angioino, si è discusso di Gaza. Si è votato contro Israele. E si sono lasciati soli i genitori di un ragazzo morto sul lavoro, senza neppure una parola pubblica. Forse è tempo che il Consiglio comunale torni a fare ciò per cui è stato eletto: occuparsi della città. E non atteggiarsi, con grave scollamento dalla realtà, a piccolo attore di una diplomazia che non gli appartiene.

*Fonte: https://www.stylo24.it/

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