di Marco Del Monte
Con cadenza oramai giornaliera i propal, tra l’indifferenza generale, stanno ripristinando le leggi
razziali del 1938, almeno in Italia.
Non c’è manifestazione in cui non intervengano e l’appoggio che ricevono da una certa politica
connotata da strabismo sempre più accentuato, anziché indurli a cercare il dialogo, sta diventando
per loro come una droga. La piattaforma da cui partono è falsa dalle fondamenta e parte, come noto, dalla negazione della storia, poiché si dà per assodato che nella Palestina di Adriano non ci fossero Ebrei; in questo momento, per la verità, si spingono anche oltre, quando asseriscono che Gesù non fosse ebreo, ma palestinese.
Basterebbe questo da solo ad annullare ogni altro pensiero, visto che si confonde la terra di Palestina con i suoi abitanti; stando alla cartina di Adriano, tutt’al più gli Ebrei si potevano definire palestinesi di religione ebraica, cosa di cui i nostri antagonisti non vogliono nemmeno sentir parlare. L’asserto che i propal portano avanti è che gli Ebrei in Palestina non ci sono mai stati, dimostrando una profonda ignoranza, perché ci sono storici greci e romani che affermano il contrario e oltretutto si dovrebbe asserire che i quattro Evangelisti o non sono mai esistiti o hanno inventato i Vangeli di sana pianta. Quindi i due miliardi e quattrocento milioni di Cristiani da due millenni hanno praticato una fede extraterrestre; un assunto del genere è un ossimoro ed invece tra talk show e politica “d’èlite” se ne sente parlare in continuazione.
Passando ai fatti concreti, da quello che si legge sui giornali del 16 maggio ci sono tre manifestazioni che spiccano per violenza usata: la Fiera del libro di Torino, il giro d’Italia, il gay pride di Bologna. A Torino si è consumato l’ennesimo agguato all’Università, reiterato alla Fiera del Libro, mentre nella tappa di due giorni fa si sarebbero verificati due episodi uno peggiore dell’altro. Il primo ha visto due individui stendere un filo con l’intento di frenare la corsa, ma con il possibile effetto (non verificatosi per fortuna) di staccare la testa di un atleta, il secondo il lancio di sapone contro la squadra israeliana, con l’effetto auspicato e realizzato di far cadere l’intera squadra. Il terzo rasenta il masochismo ed è, forse, il più incomprensibile, perché vede i propal inseriti nel gay pride; come siano considerati i gay nei paesi musulmani è cosa nota, a maggior ragione non si capisce questa contaminatio: l’odio nei confronti di Israele e degli Ebrei tutti riesce a mettere all’angolo anche l’incolumità personale.
Mi viene in mente una riflessione di Enrico Berlinguer, quando era segretario del PCI; alla domanda di un giornalista sulla madre Russia rispose che un comunista stava molto meglio in Italia. Questo per dire come è facile per un gay fare il libertario in occidente, con il che non si spiega, però, perché fino al 7 ottobre i gay musulmani (perché ce ne sono) si rifugiassero in Israele. Le istituzioni ebraiche, nel frattempo, invitano alla calma per non alimentare il clima incandescente, ma per quanto ancora non ci scapperà il morto…?
A nulla valgono le cose reali che accadono e che dovrebbero dare il senso delle falsità che si
alimentano e si accendono sempre più frequentemente. Giorni fa, il Riformista parlava di un ipotetico scandalo sessuale che coinvolgeva il procuratore della Corte Penale Internazionale, provocando l’immediata incriminazione di Netanyahu con il preciso scopo di dirottare l’opinione pubblica su un facile bersaglio, mettendo in ombra il caso personale.
Su Libero del 16 maggio la notizia viene ripresa e documentata in un articolo a firma di Amedeo Ardenza. Il titolo dell’articolo è “Scandalo alla Corte Penale Internazionale – L’accusatore di Netanyau nei guai per abusi sessuali – Karìm Khan denunciato da un’avvocatessa malese per averla violentata – ecco perché il procuratore aveva fretta di spiccare i mandati di cattura”. L’incipit dell’articolo recita “Sparare nel mucchio, unirsi al coro internazionale dei supercritici di Israele, anzi mettersi alla loro testa allo scopo di distogliere l’attenzione da sé stessi e dalle proprie magagne. Secondo il Wall Street Journal dietro al mandato internazionale di arresto fatto spiccare dal procuratore generale della CPI, l’avvocato Karìm Khan, c’è l’ombra di uno stupro, anzi forse più di uno”.
Addirittura, stando all’articolo citato, il signor Khan avrebbe addirittura anticipato le sue mosse in
un’intervista rilasciata a Christiane Amanpour della CNN, mettendo insieme Netanyahu e Gallant,
con tre leaders di Hamas. Questo è il quadro internazionale che va sommato alle performances di nostri politici d’area che scaricano su Israele il loro livore e le loro frustrazioni.
C’è solo da augurarsi che la verità si faccia luce, perché senza di lei non si arriverà a nessun
risultato, nel frattempo però ribadiamo con forza che la misura è colma.