Una due giorni intensa, densa di incontri e dibattiti, quella riservata dalle associazioni Italia Israele della Campania ad Angelica Calo Livne, con il consueto, prezioso contributo della Comunità ebraica partenopea. Insegnante, educatrice, formatrice, regista, scrittrice, fondatrice e direttrice artistica della Fondazione Beresheet LaShalom – Un inizio per la pace – con sede in Alta Galilea in Israele, Angelica è un volto noto agli amici d’Israele di tutta Italia. Da decenni, assieme a suo marito Yehuda, si occupa di integrazione, e dopo il 7 ottobre, nonostante il luogo in cui abita – il kibbuutz di Sasa – sia stato preso di mira dalla pioggia di razzi lanciati dalle postazioni libanesi di Hezbollah ha deciso di non abbandonare la sua casa. Di restare, rischiando con Yehuda, che del kibbutz è responsabile per la sicurezza, anche la vita.

Di questo, e di come oggi si vive in Israele dopo la ferita insanabile del pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, ha parlato ai ragazzi di una scuola di Teverola, nel Casertano, agli alunni dello storico Istituto Pontano di Napoli e all’incontro organizzato in Sinagoga dalle associazioni Italia Israele del capoluogo campano con la Comunità. Toccanti i ricordi dei giorni di fuoco nell’Alta Galilea, delle ore successive al massacro del 7 ottobre, delle telefonate che la coppia riceveva dai quattro figli ufficiali dell’Esercito nella prima mattinata di quel giorno terribile (“Mamma, io devo partire”, “Mamma, scendiamo giù, andiamo a Gaza, ma non preoccuparti per noi”…), commoventi le istantanee di un’esistenza scandita dal lancio dei missili dal Libano (“Non avevamo nemmeno il tempo di metterci in salvo nei rifugi, il sibilo del razzo giungeva ancor prima che potesse suonare la sirena d’allarme”); un racconto alternato in gran parte anche da episodi lievi, e nonostante tutto il contesto sereni, come sereno è il cuore di Angelica e di suo marito.

Due ore – quelle trascorso in Comunità, a Napoli – che bene hanno delineato il quadro di ciò che dopo il 7 ottobre è cambiato nella vita degli israeliani. E se anche Angelica, che ha speso una vita intera per favorire l’integrazione con gli arabi dell’Alta Galilea e con le popolazioni dei vicini villaggi libanesi, adesso è convinta che non potrà mai esserci pace fino a quando Hamas resterà al potere a Gaza e l’Iran continuerà a foraggiare le milizie sciite libanesi, mettendo a rischio la vita dei civili israeliani, allora si può ben dire che una pace sostenibile si potrà disegnare solo e soltanto dopo avere eradicato il cancro chiamato terrorismo palestinese e iraniano.

All’incontro erano presenti, tra gli altri: per la comunità il rav Cesare Moscati, l’assessore Daniele Coppin, i presidenti dell’associazione Bezalel, Francesco Lucrezi, Italia Israele di Napoli Giovanni Bini, del Gruppo Sionistico campano Antonio Cardellicchio e il past president nazionale della Federazione Italia Israele, Giuseppe Crimaldi, che ha portato il saluto del presidente nazionale della Federazione, Bruno Gazzo. E al termine dell’incontro gli organizzatori dell’evento hanno conferito ad Angelica e al marito, Yehuda, una targa di riconoscimento per la lunga opera da loro svolta in nome del dialogo e della rispettosa, reciproca convivenza che la tragedia del 7 ottobre ha purtroppo minato in maniera più che tragica e significativa.

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