di Anita Likmeta*

Riprendiamo questo bell’articolo che spiega magistralmente molte cose che diamo per scontate o crediamo (spesso erroneamente) di sapere già.

C’è una notizia falsa che circola da ore, una di quelle che non serve siano vere: basta che sembrino verosimili alle persone giuste. Riguarda la comunità ebraica di Roma e la sua presunta decisione di non partecipare al lutto per la morte di papa Francesco. La motivazione – così si sostiene – sarebbe l’assenza di una posizione sufficientemente netta del pontefice a favore di Israele. Naturalmente è una menzogna. Ma non è questo il punto. Il punto è che viene creduta con una rapidità che non sorprende più. Il punto è il bisogno che questa bugia soddisfa.
In Italia, l’antisemitismo non ha mai avuto bisogno di prove. Gli è bastata, e continua a bastare, una piccola scintilla: un sospetto, una frase, un gesto attribuito, una colpa ereditata. Non ha la brutalità esplicita di altri tempi, ma ha la pervasività di una patologia che ha trovato nuovi sintomi. Non serve più urlare: basta indicare. Basta insinuare. Basta condividere un post. È un antisemitismo delegato: a un algoritmo, a un commento, a una reazione automatica. Si presenta con il tono basso della cronaca, ma porta ancora l’odore del capro espiatorio.
Nel marzo 2023, un grande striscione con il volto insanguinato di Benjamin Netanyahu e la scritta «Stop Genocide» è stato affisso su un ponte che guarda direttamente verso la Sinagoga di Roma. Non all’ambasciata israeliana. Non davanti a una sede istituzionale. Ma di fronte a un luogo di culto. Un gesto simbolico, profondamente consapevole, che non colpiva una linea politica ma un’appartenenza religiosa. Era un messaggio: l’ebreo italiano, il fedele, il rabbino, la comunità intera – sono corresponsabili. È così che si coltiva il sospetto: mescolando corpi e simboli, credenze e potere, fino a rendere ogni identità ebraica pubblicamente inquisibile.

E il sospetto è sempre il primo sintomo. Perché nella cultura europea – e italiana in particolare – l’ebreo è spesso percepito come eccessivamente presente o colpevolmente silenzioso. Troppo visibile o insufficientemente schierato. Mai semplicemente cittadino. L’antisemitismo moderno si muove proprio in questa tensione: nell’impossibilità concessa agli ebrei di esistere senza essere spiegati.

One thought on “L’inconscio tossico: la morte del Papa e il pregiudizio eterno sugli ebrei italiani

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