
di Francesco Speroni*
La parola d’ordine che arriva da Gaza è genocidio. Hamas, attraverso regolari comunicati stampa rilanciati senza filtro da media e social, diffonde ogni giorno un bollettino di guerra dal quale emerge sempre la stessa immagine: Israele non combatte un conflitto, ma sarebbe lì per sterminare sistematicamente i palestinesi, partendo dai civili e dai bambini.
Secondo questa narrazione, i cecchini israeliani mirano intenzionalmente ai più piccoli, le bombe vengono lanciate con precisione chirurgica su ospedali e scuole — soprattutto reparti di pediatria e maternità — e i soldati si divertono (come ha sostenuto anche l’onorevole Fratoianni) a sparare sulla folla in fila per pane e acqua.
È naturale che, se bombardati ogni giorno da notizie di questo tipo, e soprattutto se ci si crede, la reazione sia inevitabile.

E infatti le proteste ci sono. Ma sono incredibilmente sproporzionate al ribasso se si considera l’abnormità delle accuse: due farmaciste toscane buttano nel cestino integratori Teva e poi fanno subito un video di scuse; un bar di Termoli espone il cartello “vietato l’ingresso agli israeliani”, rimosso dalla polizia in poche ore; alcuni studenti interrompono conferenze ebraiche con cori da stadio; nella libreria Feltrinelli compaiono adesivi con la scritta “Questo prodotto uccide” su libri israeliani, come fossero pacchetti di sigarette; qualche turista ebreo viene preso a male parole in autogrill; oltre ai soliti cortei d’ordinanza, come a Roma, più simili a sfogatoi rituali che a rivoluzioni inferocite. Senza dimenticare il solito odio sui social, che lì è di casa e oramai non sorprende più.
Insomma, Israele è quotidianamente dipinto come il nuovo Terzo Reich; Netanyahu viene descritto come uno spietato criminale che si nutre del sangue dei poveri bambini palestinesi, e l’unica reazione è questa sgangherata protestucola fai-da-te in ordine sparso?
C’è evidentemente qualcosa che non torna.
Non è un’indignazione planetaria, come le premesse potrebbero far supporre. Non quella che ci si aspetterebbe se la gente credesse davvero a quelle notizie terrificanti.
In effetti, la maggior parte di queste iniziative nasce da un risentimento anti-israeliano, anti-americano, antisionista e in molti casi antisemita pregresso, che aspettava solo il pretesto per tornare a galla. Ma il loro impatto sul mondo è modesto, quasi nullo, se rapportato alla campagna di propaganda che Hamas orchestra quotidianamente.
Insomma, se fosse vero che gli israeliani sparano metodicamente ai bambini, tutti noi — io per primo — saremmo già in piazza, senza sosta, in una sacrosanta rivolta globale contro Israele.
Il punto è che, per fortuna, Israele non spara intenzionalmente ai bambini. Israele dà la caccia ai terroristi e cerca di liberare gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Le notizie che arrivano da Gaza su questo presunto genocidio sono menzogne, costruite da Hamas perché sa di trovare in Occidente media compiacenti e un terreno antisemita sempre fertile. Oltre a megafoni istituzionali come Francesca Albanese dell’ONU, che, nonostante le evidenze, continua a riferirsi ad Hamas come a una forza civile e democratica.
E qui bisogna ricordare una verità elementare: questa guerra è stata iniziata da Hamas, il 7 ottobre 2023, con il massacro di civili israeliani. È Hamas che ancora oggi tiene ostaggi uomini, donne e bambini. È Hamas che ha trasformato scuole, ospedali e moschee in depositi di armi, rendendoli bersagli militari. È Hamas che sequestra i camion degli aiuti e li rivende al mercato nero, arricchendosi sulla fame del proprio popolo.

Il paradosso finale è lampante: più forte diventa il coro del “genocidio”, più si rivela la sua inconsistenza. Se fosse vero, il mondo brucerebbe già da un pezzo. Ma non è vero. Israele non è il nuovo Terzo Reich. Hamas, invece, è il vecchio maestro della menzogna, e il primo carnefice dei palestinesi.
Ma se dai terroristi palestinesi non dobbiamo aspettarci nulla, quando tutto questo sarà finito, mi domando cosa sarà legittimo pretendere dai responsabili occidentali che hanno diffuso così tante menzogne e seminato così tanto odio sugli ebrei?
*Francesco Speroni fino a pochi anni fa ha svolto l’attività di cameraman e editor. È stato documentarista d’arte per poi dedicarsi, a partire dal 2005, alle news, trasferendosi in Israele dove vi rimane quasi cinque anni lavorando soprattutto per Rede Globo. Dopo questo intenso periodo, si trasferisce prima in Giordania, poi nelle Filippine, dove vi rimane alcuni anni lavorando nella produzione cinematografica.
E’ il Coordinatore per la Versilia della Associazione Apuana Amici Italia Israele.