intervista di Ruben Della Rocca

La notte tra sabato 21  e domenica 22 giugno 2025,un momento epocale per la storia del Medio Oriente e dei suoi conflitti ultradecennali. La notte in cui gli Stati Uniti d’America hanno lanciato l’operazione “Martello di mezzanotte” che ha dato luce verde ai bombardieri Spirit B2. Gli aerei da guerra con le loro bombe da 14 tonnellate hanno colpito i tre siti nucleari più importanti della Repubblica Islamica dell’Iran: Natanz, Ishafan e soprattutto quella che sembrava una fortezza inattaccabile, Fordow.
Per comprendere quanto il blitz statunitense sia stato efficace e cosa dobbiamo aspettarci dopo il raid abbiamo rivolto alcuni quesiti al professor Emanuele Ottolenghi, analista e saggista tra i maggiori esperti degli Stati Uniti, di Israele, del conflitto mediorientale e della galassia dei movimenti terroristici proxies all’Iran. Ottolenghi alla atomica di Teheran ha dedicato il volume “La bomba iraniana”.

(Emanuele Ottolenghi)

Professor Ottolenghi,come possiamo valutare l’azione militare americana sui siti iraniani e quali le conseguenze e i danni procurati agli ayatollah di Teheran?
“Gli americani non hanno ancora completato il BDA (Battle damage assesment, valutazione impatto operazione) e ci vorranno ancora dei giorni per saperlo con precisione. In via preliminare, sembra che abbiano inflitto grave danno alle infrastrutture colpite, impedendone l’uso futuro per arricchire l’uranio. Va aggiunto anche l’impatto strategico di un’operazione il cui riverbero va ben oltre il conflitto con l’Iran. E’ qualcosa che si sta digerendo anche a Mosca, Pechino e a Pyongyang. L’immensità del potere militare americano di un presidente pronto ad usarlo, contro cui le tecnologie militari prodotte degli avversari dell’America poco o nulla possono”.

Professor Ottolenghi, dopo le rivelazioni dell’Aiea, in parte ritrattate dal suo responsabile Rafael Grossi, eravamo davvero arrivati a un punto di non ritorno sulla atomica iraniana?
“In realtà Grossi non ha ritrattato le rivelazioni. Ha semplicemente elucidato le limitazioni dell’agenzia. Loro possono solamente commentare quello che vedono e il loro mandato riguarda solo le attività nucleari più propriamente legate al ciclo di produzione del combustibile nucleare”.

Quali saranno le reazioni sullo scacchiere mediorientale e non solo, dopo questo attacco? Quale potrà essere il livello di pericolosità della reazione iraniana?
“C’è molta ansia naturalmente perché questa fase della guerra non si è ancora chiusa. Però’ c’è anche sollievo. Intanto per il ritorno della potenza americana, eclissatasi nella regione durante la presidenza Biden. Poi per il durissimo colpo inflitto a un regime inviso ai più. Un regime, quello iraniano, che è stato fortemente ridimensionato dalle operazioni in corso e le sue azioni di rappresaglia, per quanto esistano e comportino rischi e danni, sono rischiose prima di tutto per Teheran. Gli iraniani sanno bene cosa potrebbe accadere se chiudessero gli stretti di Hormuz o se attaccassero le forze americane nella regione. Per questo penso sia possibile che la risposta sarà limitata a livello convenzionale. Mi preoccupa di più la minaccia terrorismo in questo momento”.

Cosa dobbiamo aspettarci dall’asse terroristico vicino all’Iran e dalle nazioni amiche degli ayatollah come Russia, Cina e Corea?
“Dobbiamo aspettarci problemi dal primo e circospezione dai secondi. L’asse della resistenza iraniano formato da Houtis, Hamas, Hezbollah e milizie sciite in Iraq forse non verrà attivato come in passato in quanto hanno subito duri colpi negli ultimi due anni e anche per loro i rischi di un’escalation sono molto più severi che prima del 7 ottobre 2023. Però potrebbero lanciare operazioni terroristiche, non in Medioriente ma qui in Europa, negli USA, o in America Latina dove hanno reti ben radicate”.

L’attacco statunitense ha veramente scongiurato il pericolo atomico? Dobbiamo aspettarci altri attacchi americani all’Iran, assieme a quelli israeliani che continuano?
“Dipenderà molto dalla valutazione dell’impatto dell’operazione di sabato e dalla reazione. Se il danno fatto fosse irreparabile e se le scorte di uranio arricchito fossero state annientate, credo che la partita sul nucleare sarebbe chiusa. Altrimenti ci sarà bisogno di ulteriori azioni, ma potrebbero pensarci di israeliani. Diversa la questione se una rappresaglia iraniana minacciasse l’economia globale o causasse vittime danni ai forze USA in Medioriente o ai suoi alleati. In quel caso mi aspetto altre azioni americane”.

Alla luce dei fatti il presidente Trump si è dimostrato un abile giocatore di poker e ha saputo bluffare con il nemico iraniano distogliendolo con la dichiarata presa di tempo delle due settimane: dobbiamo aspettarci altre sorprese da parte sua?
“Per amor del vero il presidente Trump non ha mai dato due settimane agli iraniani .Ha detto “within two weeks”, ENTRO due settimane. Fino all’ultimo Trump a lasciato aperto la porta a una soluzione diplomatica ma quando il ministro degli esteri iraniano Abbas Aragchi, venerdì a Ginevra, ha fatto il suo ennesimo tentativo tergiversante di guadagnare tempo senza andare incontro alle condizioni del presidente americano era evidente che il conto alla rovescia fosse iniziato. Ci siamo fatti un’idea che Trump bluffasse o che fosse solo uno sbruffone. Nel caso iraniano, in realtà ha detto e fatto quello che aveva promesso”.

Le reazioni internazionali agli attacchi: il suo pensiero in merito? L’opposizione in Italia critica aspramente Netanyahu e Trump per violazioni del diritto internazionale. Che ne pensa?
“L’opposizione avrebbe più credibilità nell’invocare il diritto internazionale se lo imboccasse universalmente. Mi sembra carente invece sulle violazioni del diritto internazionale commessi da Russia in Ucraina, dall’Iran nelle sue inadempienze del trattato di non proliferazione o nel suo bombardamento deliberato di obiettivi civili in Israele, da Hamas per i suoi crimini di guerra. La lista è lunga. Il diritto cessa di essere diritto quando viene invocato selettivamente”.

Professore,possiamo dire che il pericolo rappresentato dall’atomica in mano agli ayatollah sia debellato?
“È troppo presto per dirlo. Certamente è stato ridimensionato, ritardato e diminuito. Invece che settimane ora probabilmente ci vorranno mesi se non anni per poter ricostruire quanto è stato distrutto, senza contare che molto di quello che è andato perduto sono conoscenze ed esperienza, che non si possono riprodurre rapidamente o facilmente. Però’ la minaccia alla fine si estinguerà’ solo quando il regime iraniano non ci sarà più o abbandonerà le sue ambizioni egemoniche per la regione e genocide per Israele.

Mentre l’attenzione è sull’Iran, che futuro per Gaza e per gli ostaggi in mano ad Hamas?
“Il duro colpo subito dall’Iran paradossalmente potrebbe aprire uno spiraglio a Gaza. Hamas è una estensione dell’Iran e senza il sostegno di Teheran il 7 ottobre probabilmente non sarebbe accaduto. Se ripartisse la diplomazia ora, l’Occidente farebbe bene a negoziare non solo sul nucleare ma a tutto campo: il programma di missili balistici, il sostegno ai proxies. Una soluzione del conflitto a Gaza che porti al rilascio degli ostaggi e alla rimozione permanente di Hamas con la creazione di un’amministrazione congiunta dei paesi arabi moderati per la ricostruzione della Striscia”.

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