di Marco Del Monte

Un ruolo per Hamas a Gaza per far finire la guerra? No, non è solo una provocazione

Eugène-François Vidocq è il criminale francese che alla fine del XIX secolo divenne investigatore e commissario di polizia e quasi ministro degli Interni. La sua storia ha ispirato numerosi scrittori, i più importanti dei quali sono stati Victor Hugo – che lo ha immortalato nella sua opera “I Miserabili” – e Honoré de Balzac. Il personaggio meritava perché in entrambe le “carriere” introdusse dei metodi nuovi e imprevisti, che lo rendevano insuperabile. Il suo carisma gli consentiva un’invidiabile supremazia sugli altri, e quando divenne commissario di polizia inventò le squadre investigative.

Questo preambolo introduce il concetto del come si potrebbe superare lo stallo della seconda fase dei negoziati di Sharm el-Sheikh, che rischia di impantanarsi sul ruolo di Hamas. Dobbiamo tenere sempre a mente gli insegnamenti di sir Thomas Edward Lawrence (il famoso Lawrence d’Arabia), che studiò a lungo l’indole araba, prima di iniziare la sua straordinaria impresa, tradotta poi in un favoloso film. Gli arabi non si siedono a nessun tavolo negoziale se non hanno l’ultima parola, anche formale, e non bisogna dimenticare che stanno ancora meditando su come “lavare” l’onta subita con la guerra dei sei giorni, vinta la quale Israele si comportò come l’avamposto dell’Occidente, facendo pesare il suo ruolo vincente, che non differiva molto da quello esercitato dagli inglesi all’epoca del loro protettorato.

Ora si chiede il completo disarmo di Hamas, ma questo è un errore da matita blu, cioè proprio di chi non ha capito niente della mentalità araba. Hamas ha ancora il pieno controllo di oltre il 50% dei tunnel, dove di sicuro ha stipato armi e viveri sufficienti per un tempo indefinito e, quindi, sarebbe una spina nel fianco per chiunque, a maggior ragione per i suoi nemici storici.

Bisogna avere il coraggio di trovare un ruolo per Hamas; magari non lo dovrebbe proporre Israele, ma l’Egitto, la Giordania o l’Arabia Saudita. Hamas conosce il territorio e la gente, sa come muoversi e sa spacciarsi come surrogato di una struttura statale con finalità sociali: l’ha dimostrato negli anni e non si scopre certamente ora. La cosa da fare, a mio modesto avviso, è quella di cominciare ad istituire un servizio di controllo sotto l’autorità di un triumvirato arabo, da affidare ad Hamas: sembra una resa, e invece potrebbe essere la carta vincente.

Si potrebbe concordare un numero limitato di unità, armate di armi leggere, mentre le armi pesanti e i missili dovrebbero essere affidati agli Stati arabi che hanno siglato la tregua e che dovrebbero avere, almeno apparentemente, un ruolo di indirizzo forte e di blando controllo. Si dice anche che chi cerca l’asino molto spesso ci sta a cavallo, e a me sembra che non si può perdere questa occasione correndo dietro le visioni di un mondo occidentale che ha perso ogni senso dell’orientamento.

Assecondare questo stato di cose toglierebbe ad Hamas ogni alibi. Insomma, scegliere un capo di Hamas e fargli capire che è il nuovo “Vidocq”.

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