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Morte Raisi, che cosa succede adesso
Morto Raisi, a Teheran la popolazione in festa
Nakba, le lacrime a senso unico
“Le 10 Bugie su Israele” di Fiamma Nirenstein. Pubblicato da Federazione Associazioni Italia Israele. Scarica il libro.
Noi non ci stancheremo di difendere Israele
“Questa guerra non cambierà niente”
Il rapporto tra Israele e Islamosfera dopo il 7 ottobre
Canti propal intonati dai bambini a Torino: il ministro ordina l’ispezione
Una buona notizia
BUON 76° COMPLEANNO ISRAELE. Yom Ha’Atzmaut Sameach 🇮🇱
Orrore sul Lido di Venezia: “Ebrei, vi sgozzeremo”
Israele-Arabia Saudita, la vera posta in gioco
Amburgo, Baghdad
E stasera all’Eurofestival tutti con Eden Golan
Elezioni Università, gli odiatori d’Israele fanno flop
Palestina all’Onu: l’ineffabile doppiezza italiana
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Ma con chi sta Orban?
Che brutta aria tira all’Università Statale di Milano
IN MEMORIA DI 6 MILIONI DI INNOCENTI
Nasreen, la drusa che salvò centinaia di israeliani il 7 ottobre
Udine, successo per l’iniziativa culturale dell’associazione Italia-Israele
I Campus Usa e la trave nell’occhio
Hamas nel bunker, Sinwar come Adolf
Antisemitismo, si sta sottovalutando il problema
Paccheri alla tunisina
Dove ha già perso Israele
Chi finanzia Hamas REPORTAGE di FRANCE24
Chi finanzia Hamas – Reportage di FRANCE 24
La proposta israeliana per il cessate il fuoco
I curdi e Israele: alleanza di ferro contro l’Isis
In America i giovani pro-Hamas non sanno situare Israele sull’atlante
Questo dovrebbero vederlo tutti
Lazzarini, l’alfiere della diplomazia strabica
A Udine visita guidata nei luoghi dell’ebraismo
Ci mancava la drag queen pro Hamas
Perché l’egemonia culturale del mondo è dalla parte di Hamas e degli ayatollah
Hamas University
I nuovi fascisti
Similitudini
SPECIALE 25 APRILE/3
SPECIALE 25 APRILE/2Tema in classe sul “genocidio a Gaza”.
SPECIALE 25 APRILE/1
La verità, vi prego, su Israele
Golda, leonessa d’Israele
Pesach, il rito e la tavola: due ricette tradizionali
Herzog: “Per Pesach lasciate una sedia vuota per gli ostaggi”
L’Iran non è il Mulino Bianco
Il compleanno amaro di Raisi
Un italiano a Tel Aviv: le FOTO di Mario Troiani
In nome della libertà ci portano nelle caverne dei pasdaran
Il Video della presentazione del libro “10 Bugie su Israele”, Radio Radicale
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Mattarella: “Chiudere collaborazione con altri atenei è sbagliato”
Diteci, è questo il Paese dell’apartheid?
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Non li vedrete mai marciare per la giustizia
Se il mondo crede a Hamas (o della realtà capovolta)
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Tu quoque, Nancy
Allarme attentati nel mondo, massima allerta
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Israele sotto assedio: nulla di nuovo sotto il sole
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Altro che ospedale: nell’Al Shifa 513 terroristi – ucciso uno dei capi di Hamas
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Il presidio di protesta contro la decisione assunta dal Senato Accademico di Torino.
Intervista a Sergio Della Pergola: “Ore decisive per Israele. Il servizio militare agli ultraortodossi? Una buccia di banana per Netanyahu”
Solidarietà al prof Federico Delfino, Rettore UniGe oggetto di una vergognosa contestazione da parte di gruppi Pro Palestina
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Due pesi e due misure. Antisemiti, avanti tutta
Khan Younis, arsenale nascosto nelle borse dell’Unrwa (foto e video)
Borrell, studia!
Israele, svolta nei negoziati a Doha
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Hamas “most wanted”: il giuramento del Mossad
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Se gli ospedali diventano bunker (o della viltà di Hamas)
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“CENTO PER CENTO INFERNO”
“FIGLI DELLA LIBERTA’” LIBERTÀ E RESPONSABILITÀ NELL’EBRAISMO
Il Ministro degli Esteri israeliano Israel Katz al Consiglio di Sicurezza ONU sui crimini contro l’umanità di Hamas (video)
Report ONU sulle violenze sessuali commesse nel corso dell’attacco terroristico di Hamas il 7 ottobre 2023
Così aumenta l’antisemitismo – scarica relazione CDEC
La nuova sfida per la Federazione
Una voce fuori dal coro
Grazie, kol akavod!
Scarica il primo rapporto sulle violenze sessuali perpetrate da Hamas il 7 ottobre.
Israele e la comunità tripolina: due libri
Cosenza, quando si dice “buona educazione”
Cagliari, il Piccolo Museo di Cultura Ebraica

I curdi e Israele: alleanza di ferro contro l’Isis

Chi pensa che l’Isis sia solo un ricordo si sbaglia. Le bandiere nere del Califfato sventolano ancora, più o meno liberamente, in molte parti del Medioriente: Iraq, Turchia, Siria, e adesso anche a Gaza. La radicalizzazione della lotta al nemico “giudeo” si è trasformata in un processo che ha avvicinato Hamas agli orridi turbanti sciiti di Teheran, ma anche agli eredi di Abu Bakr al Baghdadi, ma questa non è la sola ragione per la quale – oggi – il migliore amico del Kurdistan è Israele. Il popolo curdo è da secoli in cerca di una patria, ma viene combattuto ferocemente dagli Stati confinanti, a cominciare dalla Turchia.

La tenacia dei peshmerga – i valorosi soldati curdi – è simile a quella dei soldati israeliani, ma non è nemmeno per questo, a ben guardare, che Israele resta il loro più solido alleato. Non è la prima volta che Israele fa scelte in solitudine e spesso apparentemente di retroguardia. Sostenne fino all’ultimo il Sudafrica dell’Apartheid e ha difeso oltre il dovuto Hosni Mubarak. Non per simpatia ideologica ma perché il primo aveva aiutato gli israeliani a diventare una piccola potenza nucleare e il secondo garantiva un’alleanza strategica per la sicurezza d’Israele.

(un gruppo di peshmerga curdi)

I peshmerga sono stati i primi a resistere e fermare l’ondata dell’Isis, facendolo per molto tempo e – soprattutto – facendolo da soli. Come ha ben sottolineato Ugo Tramballi sul Sole 24Ore, “a prezzo dell’impopolarità internazionale, le scelte sono sempre state dettate dalla Realpolitik, non dai principi democratici della società israeliana. Il sostegno ai curdi potrebbe sfuggire a questa regola: i confini di un improbabile Stato curdo sarebbero lontani da quelli dello Stato ebraico. Invece no, è ancora realpolitik.

Le aspirazioni d’indipendenza o di autonomia dei curdi, il massimalismo autolesionista in politica che assomiglia a quello dei palestinesi ma la determinazione e la compattezza delle loro milizie in combattimento, sono una garanzia per Israele: la convinzione cioè che i curdi saranno un importante elemento di disturbo fra Turchia, Siria, Iraq e Iran. In quella regione le cose non sono andate come prevedevano gli israeliani. “La Siria non sarà più quella che abbiamo conosciuto fino ad ora”, mi disse a Gerusalemme una fonte dell’intelligence israeliana, un anno dopo l’inizio della guerra civile. “Il suo territorio sarà smembrato e diviso in cantoni”. La Siria, in sostanza, non era più percepita come la minaccia che era stata nei 60 anni precedenti. La nuova declinazione dei nemici in base alla pericolosità, era aperta dall’Iran. Seguivano l’Hezbollah libanese e Hamas. Solo a quel punto veniva “l’arcipelago islamista”.

E Tramballi ha ragione anche quando sostiene che Isis e al-Qaeda non erano percepiti come una minaccia temporalmente visibile. “Anzi, erano un’opportunità. Fra Israele e loro si creò una collaborazione implicita e mai definita. Arrivati sul Golan siriano, gli islamisti non avevano mai sparato verso Israele”. Raramente quell’“arcipelago” aveva minacciato di conquistare Gerusalemme o di “ributtare gli ebrei a mare”. Le loro priorità erano gli sciiti iraniani e libanesi, la conquista dei luoghi santi dell’Islam e l’eliminazione della casa reale degli al-Saud. Perfino la riconquista della Spagna moresca veniva prima della causa palestinese.

Ma oggi lo scenario in parte è già cambiato e molto potrebbe ancora cambiare. L’analista israeliano Ben Caspit la vede così: “Questa volta ci sarà una Siria connessa all’Iraq che sarà connesso all’Iran ed entrambi saranno connessi al Libano di Hassan Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah. Se in passato il dittatore siriano era indipendente ed era impossibile per lui affrontare da solo Israele, presto potremmo scoprire che la Siria à diventata un protettorato iraniano”.

Per tutti questi motivi bisogna essere al fianco dei curdi, oggi più che mai. La crisi internazionale e l’instabilità dei Paesi del Medio Oriente rischiano di risvegliare le cellule dormienti, quei terroristi pronti a colpire in nome dell’autoproclamato Califfato che dieci anni fa ormai seminò morte e terrore anche in Europa. E chi più di tutti ha contezza del pericolo alle porte è l’esercito peshmerga, forza militare del Kurdistan iracheno che da sempre combatte contro il terrorismo islamico.

(una soldatessa curda)

Al suo fianco, nell’addestramento e nella formazione militare, ci sono i soldati italiani della missione Prima Parthica, dal 2014 di stanza a Erbil, proprio nel cuore della regione autonoma irachena. «Abbiamo avuto un grande supporto da parte dell’esercito italiano nel combattere e vincere l’Isis – sono le parole diffuse dall’Ansa del ministro dei peshmerga, Shoresh Ismail, incontrando il comandante della missione, il colonnello Francesco Serafini -. Speriamo di poter diventare ancora più amici e continuare a lavorare tutti insieme». La collaborazione dei nostri militari è stata uno dei «sostegni più importanti che abbiamo ricevuto», ha evidenziato il ministro. «L’Italia è stata tra i primi ad aiutare il nostro popolo e il nostro esercito nel combattere l’Isis – ha continuato Ismail durante un incontro con i giornalisti italiani -. Un’intesa che continua ancora oggi e che ha portato al miglioramento delle competenze professionali dei nostri militari. Senza questo contributo non saremmo mai riusciti a raggiungere certi standard». Per questo, di fronte alle ventilate ipotesi di un ritiro delle forze militari della coalizione, il titolare della Difesa curdo esprime la propria contrarietà. «Se il contingente dovesse mai andar via – evidenzia – si aprirebbe uno spazio gigantesco di grande disagio e tantissimi problemi», legati anche alla possibilità, neanche tanto recondita, del ritorno del terrorismo islamico. «I peshmerga – ha continuato – sostengono la permanenza della coalizione, anche con le truppe statunitensi». A preoccupare maggiormente il governo curdo sono alcune zone dell’area, che vanno dal sud est del Kurdistan iracheno fino al confine con la Siria, particolarmente instabile per l’assenza di truppe militari anti-Isis. «Per questo – ha sottolineato il ministro – stiamo realizzando due brigate comuni con militari iracheni e peshmerga che operino in quell’area di forte instabilità e dove l’Isis si prepara a rialzare la testa».

A questo si aggiunge, inevitabilmente, la crisi mediorientale e la tensione tra Iran e Israele. Droni e missili solcano il cielo iracheno, in quello scambio di accuse che vedono sul piede di guerra Teheran e Tel Aviv. «L’auspicio – ha sottolineato il ministro dei peshmerga – è che la situazione in Medio Oriente possa risolversi nel più breve tempo possibile. Come popolo curdo abbiamo sempre cercato la via della pace, nonostante siamo stati vittima di genocidio e di violenze atroci. Personalmente spero che si sia finalmente capito che il sangue non risolve nulla. Il Kurdistan da sempre è un luogo di pace e di vita, di convivenza tra popoli e religioni diverse. Prima del 1948 qui vivevano anche molti israeliani, senza alcun problema». «La guerra è una sconfitta per tutti», le ultime parole del ministro salutando la delegazione italiana di ritorno a Camp Singara, nella base di Erbil.

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