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Per Hamas il problema siamo noi

di Alessio Postiglione*

La sfida lanciata il 7 ottobre da Hamas non è solo contro Israele. O contro il processo di normalizzazione fra Israele e gli Stati del Golfo promosso dagli Accordi di Abramo. E’ parte di una vecchia contrapposizione fra un certo Islam e l’Occidente, che si è ora palesata in quel quadrante, ma che non si limita solo ai rapporti fra Israele e Gaza.
La prima cosa da capire è che l’aggressività di Hamas non è reattiva, ma è proattiva. Non è frutto della presunta occupazione, non è una risposta alle azioni dell’Occidente, ma è legata alla natura intrinsecamente competitiva di quel tipo di Islam verso l’Occidente. La comprensione di cosa sia questo Islam, esemplificato dalla Fratellanza musulmana, che orienta Hamas e altre innumerevoli organizzazioni, è dunque fondamentale per risolvere il conflitto di Gaza o gestire i rapporti con quell’islamosfera che ci ha dichiarato guerra. Si tratta di una parte del mondo islamico, ovviamente, non di tutti i musulmani; ma – anche qua – è importante ribadire contro certe letture progressiste ispirate dagli studi postcoloniali, come l’ostilità di alcuni Paesi verso di noi non sia un risentimento legato all’imperialismo occidentale, ma una autonoma postura, che ha motivi valoriali, politici e teologici.


Lo “scontro di civiltà” – che spesso le opinioni pubbliche occidentali progressiste intendono come un teorema di Samuel Huntington, e non come realmente è: una analisi avanzata dal grande politologo americano negli anni ‘90 -, nasce molti anni prima, per mano del maggior teorico della Fratellanza Musulmana: Sayyid Qutb.
Qutb distingue fra l’Islam dello Spirito e un Occidente materialista, in cui rientrano indifferentemente cristiani ed ebrei, comunisti e capitalisti. Questa è la vera contrapposizione, non quella della Guerra fredda o fra liberalismo e socialismo. Uno scontro, per l’appunto, di civiltà, che vede l’Islam impegnato in una missione redentrice universale, per riportare l’Uomo a Dio. L’odio e la disistima di Qutb nei riguardi dell’Occidente è profondo, spesso legato anche a episodi personali, per così dire, divertenti; allorquando il teologo, durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, è oggetto di avances sessuali, e ne resta profondamente turbato. Sviluppando quella sessuofobia – nella duplice forma di misoginia e omofobia -, che vediamo spesso all’azione a Gaza e in altre realtà.

(Sayyd Qutb)
Per Qutb, all’Islam spetta il compito di lottare per un ritorno ai valori delle origini, liberando i Paesi musulmani da tutte le superfetazioni moderne (jāhiliyya) e salvare tutti gli altri, attraverso la conversione, affinché l’Uomo torni dovunque veramente libero, servendo Dio (ubudiyya), e non gli idoli di un falso progresso. Qutb è un avido lettore di Oswald Spengler, finissimo intellettuale reazionario che teorizza “Il tramonto dell’Occidente”, come crisi dei valori spirituali ed eroici dell’Uomo, assorbito dalle dinamiche tecnolatriche del capitalismo. Lo stereotipo dell’Occidente freddo e razionale, contro un Oriente della spiritualità e dell’umanesimo, è d’altronde un vero e proprio topos che si sviluppa parallelamente a quelle cronache occidentali romantiche sul Medio Oriente, discusse da Edward Said in “Orientalismo”.
La sociologa Nadia Duvall, non a caso, parla di “Occidentalismo islamista”, nel caso di Qutb, ragionando su quelle mistificazioni alla base della distinzioni fra noi e l’altro, che conducono il teorico della Fratellanza a formulare una contrapposizione antropologica strutturale fra Occidente e Oriente.
In Qutb, la critica all’Occidente è, essenzialmente, critica alla razionalità economica, al capitalismo e al liberalismo (e anche al comunismo materialista e positivista).
Qutb, d’altronde, risolve su di un piano schmittiano – cioè nell’alveo di una concezione politica ispirata al principio amico-nemico -, alcune ambiguità presenti nell’Islam ab origine, scisso fra una visione spiritualista ed una politica, che ne ha d’altronde caratterizzato l’ascesa dopo il VII secolo attraverso brillanti guerre espansionistiche.

(foto EPA/MOHAMMED SABER)


Le scuole in cui si articola l’Islam – le Madhhab – sono teologico-giuridiche, innanzitutto, non solo spirituali. Come nota già Samuel Huntington ne “Lo scontro di civiltà”, Mohammed era un guerriero, non un mistico pacifista, che preferisce porgere l’altra guancia per affermare il primato della Gerusalemme celeste su quella terrena, cioè dello spirito sulla materia. L’Islam non è interessato esclusivamente all’oltremondano. È la religione del qui e ora, che affascina anche perché non prevede compromessi formalistici. D’altronde, per il teologo Ibn Taymiyya, che ha molto influenzato le visioni conservatrici della Fratellanza come dei salafiti, la politica è l’etica coranica messa in pratica. Il mondo si divide fra Dar el Islam e Dar el Harb, la casa della guerra.
Nella Battaglia del Fossato del 627 d.C., i meccani decapitarono circa 900 ebrei della tribù Qurayza. Se tutte le religioni hanno compiuto macelli per motivi politici, l’Islam è una religione particolarmente politica, il cui leader non era esclusivamente un mistico, era il capo politico: il Califfo. D’altronde, l’Islam è una religione che prevede espressamente il concetto di guerra santa, il jihad, nonostante gli esegeti più liberali interpretino questo concetto più come lotta interiore o lo limitino ai casi difensivi. Ma l’ambiguità relativa al rapporto fra religione e potere, e dunque violenza, resta. Ed è questa ambiguità – che non deve necessariamente risolversi in una contrapposizione -, ma che Qutb risolve in questa direzione, a fornire i presupposti teorici di quella particolare visione di Islam anti-occidentale di cui parliamo. Ed è in questo alveo che l’odio di Hamas contro Israele si situa. Perché Hamas non è contro Israele in modo tattico. E’ contro tutti noi in modo strategico.
Prima lo capiamo, prima riusciremo a fare fronte a questa minaccia.

*Giornalista e scrittore

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