di Marco Del Monte
Da due anni (dal 7 ottobre 2023) è esplosa la palestinomania, nuova ludopatia occidentale che si basa su uno spot pubblicitario: “free Palestine from the river to the sea”, slogan senza senso buono per menti labili e, possibilmente, vuote.
Cominciamo col dire che se non ci fosse la sanguinosa guerra in atto, si potrebbe riassumere tutto in una vignetta: un baffuto uomo con la kefìa, seduto per terra con la testa chinata, immerso in un sonno profondo e un uomo con la kippà con una zappa in mano. Il primo è circondato da un terreno brullo ed arido, mentre l’altro zappa un terreno pieno di fiori e ortaggi.
Questa è la plastica rappresentazione di quella che erroneamente è chiamata ormai “Palestina” subito dopo la “Conferenza di Sanremo” dell’aprile 1920.

Per scandire i tempi è molto utile un articolo comparso sul Foglio del 19 luglio u.s. a firma di Franco Debenedetti, che riguarda le decisioni assunte dalle potenze vincitrici della prima guerra mondiale (Regno Unito, Francia, Italia e Giappone), che si spartirono le spoglie dell’Impero Ottomano.
L’importanza di questa “dimenticata conferenza” risiede nel fatto che vi venne ratificata la “dichiarazione del 1917” emanata dal Regno Unito circa l’impegno a risolvere la questione ebraica, con il ripristino di un focolare in Palestina. L’Inghilterra aveva ricevuto dalla Società delle Nazioni il mandato di amministrare questo territorio fantasma, decisione assunta il 24 luglio 1922, entrato in vigore l’anno successivo e che ratificava, in sostanza, la famosa dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917.
Questa ratifica formò parte integrante della delibera n° 181 del 1947 assunta dall’ONU alla fine della seconda guerra mondiale, con la quale furono delineati due stati, uno ebraico ed uno arabo, con la divisione fisica del territorio tra le due entità.
Gli ebrei, nel maggio del 1948, proclamarono la costituzione dello Stato di Israele, mentre gli arabi iniziarono una battaglia formale istituendo la famosa “nakbah” il disastro. Molti arabi lasciarono infatti il territorio dello Stato di Israele accampandosi in campi di raccolta, nei paesi limitrofi, in cui tuttora vive la quarta generazione di profughi. Nessun paese “fratello” si è mai impegnato ad integrarli, conoscendo la loro indole ed avendo sperimentato l’instabilità politica che hanno sempre creato.
A questo punto dobbiamo cercare nelle pieghe della storia, per capire cosa si intenda per “palestinese” e per capire come mai i paesi arabi abbiano cercato e cerchino tuttora di scaricare il problema su Israele.
La riprova immediata la fornisce proprio Gaza, che fu conquistata da Israele dopo la guerra dei sei giorni; quando nel 1973, Israele restituì il Sinai all’Egitto, incluse anche Gaza, ma gli Egiziani si rifiutarono di prenderla in carico, lasciando che Israele trovasse una soluzione. Cosa ardua ed impossibile, al punto tale che il “falco” Ariel Sharon, nel 2005, decise di lasciarla al suo destino unilateralmente, non immaginando le conseguenze che sono arrivate fino all’attuale conflitto.
Sharon pronunciò un discorso pieno di aspettative per il futuro, smentito dai fatti, perché, come noto, gli anni trascorsi dal 2007 ad oggi sono stati impiegati per realizzare la “Gaza sotterranea”, che rende la Striscia imprendibile. Perché non è stato creato uno Stato…?
Perché il popolo “palestinese” non è mai esistito, perché non esiste e non è mai esistito uno Stato “palestinese”, che furono “inventati” di sana pianta da Yasser Arafat in visita di ossequio alla nuova Repubblica Islamica dell’Iran, nel 1979. Questo, più che uno Stato di diritto, ha costituito il primo mattone di uno stato fantasma votato al terrorismo: aerei dirottati o fatti saltare in aria, attentati in tutto il mondo.
C’è stato un continuo susseguirsi di sigle: OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), FNP (Fronte Nazionale Palestinese) e così via, ma di organizzare uno stato non se ne è mai parlato.
Non c’è nessuna traccia storica, documentazione, esposizioni d’arte e letteratura, musica ed altre manifestazioni del mondo civile che descrivano la storia di questo popolo. Nessuno ha mai visto una “moneta” battuta da uno Stato Palestinese, non ci sono tracce di confini, di aree di competenza, niente di niente. Nel censimento del 1922, su una popolazione complessiva di 800.000 islamici, c’erano più di 500.000 ebrei e poche decine di migliaia di cristiani.
L’interesse per la terra assegnata dall’ONU è venuto dopo che gli israeliani hanno trasformato il deserto in giardino, il che ci riporta alla ideale vignetta descritta all’inizio. I drammi generati sono dovuti al noto proverbio che indica l’erba del vicino come “più verde” e con la venuta allo scoperto di un popolo che tuttora non esiste.
salve, io sono di religione cattolica anche se non praticante ma essendo appassionato di storia ho sempre avuto chiaro il susseguirsi delle vicende avvenute in medio oriente specie negli ultimi due secoli, comprese quelle riguardanti i cosiddetti Palestinesi. Detto questo non posso che essere daccordo con la vostra disamina e sinceramente sono sconcertato dall’ atteggiamento di gran parte dei movimenti di sinistra europei e specialmente italiani a tale riguardo, la mia famiglia ed io stesso siamo sempre stati politicamente orientati a sinistra e non abbiamo mai avuto dubbi su quale parte appoggiare in questa secolare vicenda e qualunque persona con convinzioni democratiche (a maggior ragione di cultura progressista) non dovrebbe nutrire alcun dubbio sullo stare vicino allo stato di Israele! Non c’è nulla che ci accomuni ad organizzazioni come Hamas, hezbollah e simili mentre siamo legati a filo doppio con lo stato di Israele, lo stesso pensiero di sinistra moderno è nato da pensatori e filosofi di origine ebrea fino ad arrivare a henry levy nel secolo scorso e tanti altri che non sto a citare ai giorni nostri, credo che molti opinionisti e politici dell’attuale sinistra dimentichino o peggio ignorino questi dati di fatto, facendo si che ci si renda fautori o complici dell’insorgere di nuovi movimenti anti ebraici. grazie per la vostra attenzione