di Giuseppe Crimaldi
C’erano già pochi problemi a Gaza e dintorni per mettercisi pure Greta Thumberg. Salpata su una barca alla volta della Striscia assieme a un manipolo di pacifinti con kefiah d’ordinanza al collo, la ciurma voleva portare “aiuti umanitari” in una zona di guerra, ben sapendo dei rischi ai quali si andava incontro.
In realtà l’umanitarismo era solo una scusa, un effetto collaterale rispetto al reale intento degli organizzatori: che era quello di creare l’ennesimo scompiglio innestando un’altra spina nel fianco d’Israele, prima ancora che del suo governo.
Da tempo la pasionaria dell’ambientalismo – che nel frattempo è cresciuta senza tuttavia maturare e perdere la passione per un protagonismo da macchietta (ben ingrassato da lauti finanziamenti che si sa bene da dove provengano) – ha smesso i panni dell’amica delle foche monache e dei ghiacciai che si sfarinano per sposare la causa palestinese, che oggi è molto trendy negli ambienti radical chic e che però – chissà perché, chissà come mai – ignorano le mille altre tragedie delle guerre e degli oppressi nel resto del mondo. Non l’abbiamo vista sfidare il regime di Teheran quando venivano imprigionate, torturate e uccise le coraggiose studentesse iraniane che si rifiutano di indossare il velo; non è pervenuta nei giorni del sangue e del terrore degli attentati di Nizza, Monaco e Parigi; né si è vista o sentita mentre il valoroso popolo curdo combatteva anche in nostro (e purtroppo anche in suo) nome contro i tagliagole dell’Isis. Niente, nemmeno un sussurro.

Scongelata dal freezer in cui vengono rinchiusi gli utili idioti sempre buoni da sfruttare nelle occasioni che contano, è ricomparsa adesso su un veliero in compagnia di un equipaggio dichiaratamente antisionista e amico di quelli che inneggiano allo sterminio degli ebrei israeliani “dal Giordano al mare”. Quelli della “flottilla” sapevano benissimo di non andare incontro al martirio (se ne sarebbero guardati bene a tentare la stessa impresa puntando magari su Odessa, sfidando la marina russa) e che questa era una meravigliosa occasione per fare propaganda e avere i favori dei media di tutto il mondo. Ho visto poco fa i video con le reazioni isteriche ma anche comiche e patetiche di Greta e i suoi “gretini” mentre le corvette israeliane li intercettavano: qualcuno di loro ha anche gridato all’assalto chimico, pensate, mentre venivano lanciati schiumogeni sui motori del liberator naviglio.
La ciurma di odiatori di professione ora sarà rimpatriata. Missione compiuta. E da oggi sugli striscioni delle masse critiche che inneggiano a quel “free Gaza dal fiume al mare”, giurateci, comparirà l’icona della pasionaria delle guerre perse, una che nella vita ha preferito campare a sbafo senza mai lavorare un solo giorno della sua vita preferendo l’attivismo di maniera più comodo e retribuito. Quando un giorno si farà luce su chi abbia finanziato e continui a finanziare questo ridicolo fantoccio che presta la propria immagine ai terroristi di Hamas travestendola da impegno per cause nobili di libertà, progresso e amore, molte cose allora finalmente saranno più chiare.