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Israele sotto assedio: nulla di nuovo sotto il sole

di Emanuele Calò*

Dalle circostanze che cingono d’un filo spinato virtuale gli eventi di Gaza non emergono elementi di novità, poiché lo spartito è sempre il medesimo da millenni, e tutto ciò implica che, a dire il vero, la ricerca del nuovo si rivela poco più che un’illusione, per cedere il passo ad un minaccioso topòs, che conosciamo noi ma che, parimenti, avrebbero potuto conoscere anche i nostri antenati. La faccia ignobile che si voleva vedere un millennio addietro, quella dell’ebreo malvagio, è esattamente la stessa che si profila ora nell’esaltazione del livore contro lo Stato ebraico, visto quale ebreo fra le nazioni.

(Emanuele Calò)

Così facendo, l’uomo perde una a una le sue primitive conquiste, anche nelle sue versioni più elementari; laddove si poteva distinguere, finanche negli ominidi, fra aggressore e aggredito, vediamo che la marcia indietro, nella scala dell’evoluzione, porta a rendere impossibile quell’operazione all’apparenza così elementare. Se Karl Marx non se l’aspettava, forse lo stesso è a dirsi per Charles Darwin.

Non è un dettaglio, poiché la democrazia ora è in scacco, laddove si contesta il diritto all’esistenza di Israele e -guarda caso – anche di Taiwan e dell’Ucraina. Possibile che tutto ciò non dica nulla?

(soldati israeliani nel kibbutz di Kfar Aza, dopo la strage di civili)

Nel caso di Israele, non è lecito dirsi sorpresi, perché sono decenni che la narrazione su Gaza viene falsata. Il 7 ottobre 2023, giorno della strage compiuta da Hamas su civili israeliani, vennero lanciati da Gaza settemila razzi. Ciò, in un giorno; si consideri come sia possibile che l’opinione pubblica non sia mai stata sensibilizzata nei riguardi della ultraventennale pioggia di migliaia di razzi sulla popolazione inerme di Israele, che si è dovuto dotare di scudi antimissile, del costo di 50 mila dollari per ogni intervento. Una situazione che avrebbe mosso qualsiasi Paese del mondo a muovere guerra per salvaguardare i propri cittadini. Siccome ciò non bastava a muovere Israele ad entrare a Gaza, l’anno scorso il gruppo terroristico Hamas invase Israele violentando, uccidendo, tagliando le teste. Il Segretario di Stato USA, Anthony Blinken, descrisse in Senato uno degli episodi: “l’occhio del padre cavato davanti ai suoi figli, il seno della madre tagliato, il piede della ragazza amputato, le dita del ragazzo tagliate prima che fossero giustiziati, e poi i loro carnefici si sedettero e fecero un pasto. Questo è ciò di cui si occupa questa società.”

Inoltre, furono catturati 242 fra israeliani e stranieri residenti in Israele, fra i quali donne, vecchi e bambini piccoli; le donne vennero violentate, torturate, mutilate, e i loro cadaveri furono esibiti alla folla gazawi perché sputasse addosso ai resti.

Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera, così rispose alle critiche a Israele: chi stigmatizza l’azione israeliana dicesse cosa avrebbe dovuto fare lo Stato ebraico. È significativo che nessuno lo abbia detto, perché questo silenzio ci porta difilato alle cause del conflitto. La folla scende in strada ad inveire contro Israele, e se nulla dice degli ostaggi, di uomini, donne e fanciulli violentati e torturati, è perché a loro pare giusto che così sia. D’altronde, cosa aspettarsi da gente alla quale non dice nulla che Gaza conti con seicento kilometri di tunnel, col risultato di avere una Gaza di sotto, dove si nascondono i terroristi, protetti dagli scudi umani della Gaza di sopra?

La distruzione morale non è soltanto propedeutica a quella morale, ma ne costituisce la conditio sine qua non. Se troppi mass media non avessero agito per decenni con un’alternanza di silenzi e di bugie, Hamas ed i suoi burattinai stranieri non si sarebbero presentati al mondo come dei vendicatori anziché per quello che sono gli uni e gli altri: un’entità terroristica inserita nella black list dell’Unione europea. Per decenni si è parlato il meno possibile della pioggia di razzi da Gaza su Israele, si è sorvolato sul fatto che nel 2005 Israele si fosse ritirata da Gaza, si è detto poco o nulla dalla violenza con cui Hamas nel 2007 cacciò l’OLP da Gaza, arrivando a gettare i loro avversari dalle finestre. La versione di Gaza quale “carcere a cielo aperto” è stata così sfacciata da far ignorare al pubblico che Gaza aveva una frontiera con l’Egitto. Ossia, perfino la geografia è stata manipolata. Quanto ai libri di testo, accanto ad alcuni che meritano il plauso, ve ne sono d’altri che indirizzano la narrazione verso la demonizzazione di Israele. In questo caso, è da ricordare che nel novembre 2021 il MIUR emanò le linee guida sul contrasto all’antisemitismo nella scuola, che comprendevano la lotta contro la diffamazione di Israele, il cui seguito, dopo tre anni, non è visibile, forse perché semplicemente tale seguito non esiste.

Siamo in tempo per invertire questo andamento? Dopo il 7 ottobre 2023, diremmo di no: è troppo tardi, perché ormai Israele e gli ebrei sono sotto assedio, perfino nelle Università. Il dato quantitativo, come sosteneva Hegel (e, indi, Marx) è divenuto ormai qualitativo; più precisamente, la continua diffamazione non poteva che risolversi in un’orwelliana inversione della verità, dove (come accennato) l’aggredito diventa aggressore e l’aggressore vittima.

Se è troppo tardi, cosa si può fare? Si può chiedere la par condicio nei mass media, e si può anche considerare (e dire) che fra boicottaggio agli ebrei del 1938 e boicottaggio di Israele nel 2024, c’è una differenza importante: ci si veste in modo diverso. Per il resto no, non c’è differenza. Abbondano pure i Telesio Interlandi, sotto nemmeno mentite spoglie. Se questa situazione non è passibile di cambiamenti, per contro, la si può sventolare sotto le narici dei protagonisti della comunicazione. Certo, non è molto, ma non ci giurerei: qualcuno potrebbe pure destarsi dal torpore, altri potrebbero sentire il richiamo della loro coscienza. Dal 7 ottobre 2023 abbiamo scoperto da un giorno all’altro che tanti italiani cattolici, oppure semplicemente laici, hanno dimostrato con la vicinanza a Israele e agli ebrei l’esistenza di un’Italia nobile e bellissima, vicina alla maggioranza degli ebrei. Questa presenza di italiani non ebrei, sensibili alle ragioni di Israele, dimostra che la coscienza di tanti italiani è superiore al martellamento di versioni volgarmente diffamatorie. Saranno questi italiani, col loro patriottismo, a consentirci di svelare un Paese nobile e produttivo, la cui sola esistenza costituisce un motivo di speranza per questo Paese meraviglioso, che non merita di finire nelle mani di calunniatori e di odiatori. Questo Paese non merita di finire nelle mani di chi invoca a ogni piè sospinto la Costituzione, falsandone però il contenuto, compresa l’omissione dell’art. 52, laddove stabilisce che la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Ancora, fra gli scomparsi senza che ne sia rimasta traccia, vi è la definizione IHRA di antisemitismo, adottata dall’Italia: stranamente, non la menziona più nessuno. Quando si dice nessuno – badate – non vi sono eccezioni. Perché è sparita? È sparita perché le sue previsioni comprendono una parola che non si vuole pronunciare: Israele.

*Scrittore

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