di Paolo Macry

I giovani? Impediscono di parlare agli intellettuali israeliani o a qualche opinionista italiano di radici ebraiche.

I giovani? Sventolano nelle manifestazioni la bandiera palestinese e il verde vessillo di Hamas, accusando Tel Aviv di essere il nuovo nazismo.

I giovani? Appaiono indifferenti alle centinaia di migliaia di morti ucraini e alle decine di migliaia di bambini deportati in Russia.

I giovani? Diffidano, secondo un recente sondaggio, perfino di Leone XIV a causa del suo passaporto a stelle e strisce.

Sono dunque antisemiti, filoterroristi, putiniani, antiamericani?

Forse una conclusione del genere sarebbe tranchant. Non foss’altro perché sono comunque piccole minoranze quelle che si espongono pubblicamente. E molti di più gli indifferenti.

Ma il problema resta. Parliamo di una generazione che non ha vissuto le guerre mondiali, né la guerra fredda, né gli ‘anni di piombo’, né la liberazione dell’Europa orientale dal giogo sovietico. E neppure il terrorismo islamista all’inizio del XXI secolo. Una generazione, perciò, che ha imparato in famiglia o a scuola o sui social quel che sa e quel che ritiene giusto.

Detto altrimenti, certi pregiudizi ideologici, certe opinioni di marca razzista, certi opachi conformismi, certe pericolose tendenze all’assenteismo politico sembrano venire da lontano, dai padri, dai nonni, dagli educatori. Trovando poi sul palcoscenico dei social una facile conferma.

Un’eredità del passato che non passa, insomma. E il sospetto è che a poco serviranno le meraviglie dell’Intelligenza Artificiale. Davvero la sapienza di ChatGpt è in grado di affrancarsi dal mainstream? Davvero è il grado di distinguere tra verità e fake?

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