Da oggi Italia Israele Today inizia a pubblicare una serie di inchieste sugli islamici che vivono in Europa. Lo facciamo senza voler demonizzare chi crede nell’Islam, ma con il dichiarato intento di perseguire coloro che invece pretendono di “islamizzare” il nostro Paese e il nostro Continente. E contro chi persegue il Jihad islamico. Seguiteci, e commentate: i vostri commenti sulla pagina Facebook Italia Israele Today e su www.italiaisraele.org sono per noi linfa vitale e un sostegno importantissimo per il nostro lavoro. Grazie.
Il direttore della Comunicazione della Federazione Italia Israele
Giuseppe Crimaldi

Prima puntata – Londra

Londonistan – (in arabo: ليدنس) è il termine dispregiativo con cui ci si riferisce alla comunità islamica di Londra. Diffuso dai massmedia occidentali – il suffisso persiano “stan” significa terra – indica per estensione anche le grandi comunità islamiche presenti nelle maggiori città britanniche.

Ci sarà pure un qualche motivo in quell’aggettivo “dispregiativo” come indica Wikipedia sull’argomento: già, perché gli inglesi proprio non ne possono più dei cattivi maestri che propalano le leggi della sharia in terra britannica. E’ un discorso che ritornerà anche nelle nostre prossime puntate, quello che punta i riflettori sui cittadini di seconda e terza generazione (nel caso inglese si arriva anche alla quarta e quinta) i quali ripudiano la nazione che ha dato loro i natali e che ha consentito loro di rispettare il proprio credo religioso. Tale e quale a quanto avviene in Iran, Iraq, Algeria, Indonesia, Arabia Saudita, Nigeria, dove se solo ti permetti di portare al collo una catenina col crocifisso ti arrestano (quando va bene), o ti sgozzano (nella maggioranza dei casi).

Dopo gli attentati del 7 luglio 2005 nella capitale britannica, il termine è tornato alla ribalta e per la prima volta si è parlato del fenomeno integralista presente nelle piccole e grandi comunità musulmane londinesi. La moschea di Finsbury Park è senza dubbio uno dei centri del fanatismo islamico residente a Londra, a prova di ciò i volantini antisemiti distribuiti dai fedeli del luogo di culto, e le manifestazioni antiamericane e antiisraeliane più volte indette dagli stessi.

Il governo britannico è stato (a nostro avviso giustamente) accusato sin dai primi segnali di presenza fanatica in Europa di trascurare il fenomeno. Dopo l’attentato del 1995 a Parigi ad opera dei gruppi armati islamici, il governo francese accusò il Regno Unito di non lavorare sufficientemente per arginare il nascente fenomeno del terrorismo islamico in Europa. Le accuse di favoreggiamento e trascurabilità del terrorismo islamico sono state mosse da più testate internazionali. Le principali critiche muovono sul fatto che il governo britannico non concede quasi mai l’estradizione per terroristi o sospetti in altri paesi, e che i musulmani radicali sono volutamente tollerati e non seguiti.

Nel 2016, per la prima volta, il numero di musulmani presenti nel Regno Unito ha superato la quota di tre milioni di persone, raddoppiata in meno di 10 anni. L’aumento record va attribuito alla massiccia immigrazione e all’altissimo tasso di natalità nelle comunità musulmane. Già oggi in alcune aree di Londra almeno il 50% degli abitanti è costituito da musulmani. In Inghilterra e Galles, un musulmano su quattro ha un’età sotto i 10 anni. I seguaci dell’Islam rappresentano 1 britannico ogni 20. In totale sono: 3.114.992, di cui 1.554.022 nati all’estero, rappresentando il 5.4% della popolazione britannica. Per fare un confronto, nel 1991 i musulmani erano meno di 1 milione, triplicando il numero in appena 25 anni.

Londra – che non a caso abbiamo scelto come primo numero della nostra inchiesta – è stata la piazza in cui l’anteprima drammatica di un’islamizzazione che ogni giorno ci mostra il suo volto più estraneo all’integrazione e all’antisemitismo che torna si è rivelata. Più o meno assieme a Parigi, con la quale contende il ben poco invidiabile primato di “neocolonialismo jihadista” nel Vecchio Continente. Qualche esempio calzante: Charles, come il re? William, come l’erede? George, come il figlio dell’erede? O Harry, come il ribelle? Niente di tutto ciò. È Muhammad, come il Profeta, di Allah, il nome più popolare in Inghilterra e nel Galles nel 2023. Lo ha reso noto l’ufficio nazionale di statistica. Già nella top ten della classifica dal 2016, anno dopo anno ha scalato posizioni, fino a conquistare, con 4661 bambini chiamati così, adesso il primo posto, battendo Noah, che scivola al secondo.

Perdono appeal i nomi che si identificano con la famiglia reale: George è in quarta posizione, William scende al ventinovesimo posto, dietro a Mohammed, con 1601 bambini. Muhammad più Mohammed più Mohammad, sessantottesimo nella lista, sono tre declinazioni dello stesso nome, che in totale porta a 7097 il numero di neonati che oggi in Inghilterra si chiamano come il Profeta Maometto. È un segnale forte che indica da che parte tira il vento nel Regno Unito. A Birmingham, città simbolo dell’islamizzazione britannica, la coppia del futuro è Muhammad e Fatima. Poveri noi.

Qualche altro dato. Nel 2021, perla prima volta Leicester, Luton e Birmingham, sono diventate le tre città a maggioranza di cittadini appartenenti alle minoranze etniche e religiose. Birmingham in particolare, che con il suo milione e 500 mila abitanti è la seconda del Regno Unito, in cui fino a vent’anni fa sette persone su dieci erano bianche, ha visto crescere la popolazione musulmana al 29,9%. Dallo stesso sondaggio, è emerso un altro primato dell’Inghilterra: meno della metà dei cittadini si definisce cristiana. Un calo del 17% che invece ha visto crescere del 43% le persone che si professavano seguaci di Maometto, sfiorando i quattro milioni di musulmani nel paese. Da uno studio del think thank americano Pew Research Center si stima che nel regno di Sua Maestà entro il 2050 il 17% della popolazione sarà di fede musulmana. La “Dolce Conquista”, il libro di Giulio Meotti, scrive che il processo irreversibile di islamizzazione è fissato al 20%. Sotto il segno della mezzaluna si sono già riconvertiti edifici simbolici anche nel cuore della capitale, a Piccadilly, dove al posto dello storico Trocadero, tempio del divertimento in città chiuso nel 2006, sta per sorgere quella che è stata soprannominata la moschea dei ricchi.

L’investimento, che aveva creato non poche polemiche, è stato fatto da Azif Azziz, il miliardo musulmano colosso dell’immobiliare, cui fanno capo le proprietà intorno a Leicester Square. Londra e l’Inghilterra sono diventati il parco giochi dei miliardari islamici che spostano come pedine del Monopoli gli asset della Vecchia Europa. Con un investimento di 1,2 miliardi di dollari attraverso il fondo sovrano del Qatar, anche la famiglia reale di Doha, gli Al-Thani, tra il 2000 e il 2013, sono diventati proprietari di alcuni dei luoghi iconici della città: mezza City, Harrods e perfino Park Lane.

E veniamo al passato più recente. La morte delle tre bambine a Southport, nei sobborghi di Liverpool, avvenuto lo scorso 29 luglio 2024 ha provocato una serie di proteste molto violente contro l’Islam in larga parte del Regno Unito, con attacchi, saccheggi e scontri con le forze dell’ordine. Da Manchester a Liverpool, passando per Middlesborough e Lancaster, comprendendo pure Bristol, Stoke e molti altri centri dell’Inghilterra “working class” che ha visto l’attacco con coltello a Southport (e alcune notizie rilanciate non sempre correttamente sui social) come “casus belli” per protestare contro una situazione endemica da anni nel difficile convivere tra “ghetti” musulmani e il resto della popolazione britannica. Un bruttissimo clima.

«Trasformerò la capitale in un faro dell’Islam», fu il motto elettorale del socialista Ken Livingstone nel 2012. Forse non è stato completamente merito suo, ma si può dire tranquillamente che a oggi l’obiettivo è stato raggiunto con successo. La Gran Bretagna ha la terza maggior popolazione musulmana, dopo la Francia e persino la Germania. Il paradigma di una tale crescita ha tre uscite: immigrazione, alto tasso di natalità e disinvoltura nella conversione all’Islam. I musulmani si sono integrati nella società inglese semplicemente occupandola. Importando e imponendo costumi, usi e leggi la diffusione della sharia sembra inarrestabile. E Londra è lo specchio di questo scenario.

L’Inghilterra è un Paese che si è rifatto il trucco per non migliorare. In viso infatti non ha semplicemente i segni del tempo, ma gli sfregi di una identità mortificata. E lo sfruttamento sessuale dei bambini britannici da parte di gang islamiche è solo una parte del problema. A prendersi la briga di spulciare le pagine di cronaca degli ultimi dodici mesi, è una nazione svilita quella che si incontra, incamminata verso il nulla che avanza. ll giorno dell’Epifania, nel 2018, nella cattedrale di St. Mary a Glasgow, è stata proposta una lettura in cui veniva negata la divinità di Gesù Cristo. Il cappellano cercava in questo modo di raggiungere il cuore dei musulmani. Difficile capire, però, per conto di chi operasse. Ma è nelle scuole che è più evidente l’entità del fenomeno. Gli alunni musulmani non solo hanno raggiunto, ma anche superato, i bambini cristiani. Secondo un reportage del Times, nelle scuole primarie inglesi i banchi sono occupati anche al 100% da musulmani. Addirittura in ben quindici scuole cattoliche del Paese gli studenti cristiani sono praticamente scomparsi. E nel frattempo il velo per le ragazze è ormai parte della divisa scolastica.

E per finire, la ciliegina sulla torta. Siamo nel marzo scorso quando negli annunci sui pannelli della stazione londinese di King’s Cross compaiono le frasi del Profeta Maometto, per la semplice ragione che a Londra comandano gli islamici: la loro minoranza, ormai prossima al sorpasso demografico, è già oggi assai più agguerrita e organizzata della componente indigena e, processo finora inedito nella storia delle migrazioni, questa penetrazione massiccia entra senza chiedere permesso, senza ringraziare, col piglio di chi considera tutto dovuto e niente basta mai. Ecco perché “andarci d’accordo”, secondo formula demenziale, ma indiscutibile, è strategia non solo perdente, non solo assurda, ma completamente lunare, figlia di una sconoscenza dei fatti e delle dinamiche che ha dell’agghiacciante. Londra è, per i musulmani di “nuova” generazione, “il posto dove si sta meglio al mondo”, più dei vari califfati ed emirati e Gaza ed enclave talebane, e si spiega: noi liberi di organizzarci, di imporre la nostra legge, voi liberi di assoggettarvi e se mai di scusarvi, di “chiedere perdono”.

Fonti: Il Sussidiario, Panorama, Libero, Ansa, Adn Kronos, Times, Guardian, InsideOver, Nicola Porro

CONTRIBUTO VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=iuSFPayF9EY by Social Evolution canale Youtube

One thought on “Il Jihad in Europa: Gran Bretagna/1

  1. Questo è il (terribile) risultato di aver considerato lodevole tolleranza quello che è invece relativismo idiota. Il non aver difeso la nostra identità culturale . L’errore fatale è stato il credere che gli islamici avrebbero riconosciuto la superiorità di una cultura che noi per primi criticavamo.

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