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Lazzarini, l’alfiere della diplomazia strabica

Si lamenta, dice e non dice, ma si capisce benissimo da quale parte stia. Si è dimostrato incapace di governare l’arruolamento di dipendenti nella organizzazione che dirige consentendo l’infiltrazione di spietati terroristi, e poi torna a piagnucolare, sapendo bene di avere le spalle coperte da quel carrozzone ormai sgrammaticato e inutile che si chiama Onu. Ma ci sarà pure un motivo se a marzo Israele gli ha negato il visto d’ingresso a Gaza.

Stiamo parlando di Philippe Lazzarini, il capo dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Proviamo a conoscere meglio chi è questo agente diplomatico svizzero italiano assetato di carriera e ottimamente remunerato a spese dell’Onu (e dunque, anche nostre). E facciamolo partendo dalla fine, cioè da stamattina, quando le agenzie di stampa mondiali hanno battuto la seguente notizia: “Lazzarini: Israele sta pianificando attacco a larga scala a Rafah”. Tralasciamo la “non notizia” (sapessi che scoop il suo annuncio, lo sanno anche le locuste del deserto quello che sta per accadere se Hamas non rilascerà quel poco che resta degli ostaggi israeliani nelle mani dei terroristi). Ma la vera notizia sta qui: indovinate a chi Lazzarini ha concesso un’intervista “esclusiva”? Al Times? Al Washington Post? Al Corriere della Sera o alla Reuters? Siete fuori strada: per propalare il proprio verbo il capo dell’Unrwa ha scelto la TASS, l’agenzia di stampa russa: un organo d’informazione notoriamente obiettivo, mai schierato e soprattutto indipendente dal potere politico di Mosca.

«Israele sta preparando un’operazione militare su larga scala nella città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza – ha dichiarato con voce grave – La mia paura in questo momento è ciò che l’esercito israeliano intende fare, a prescindere dall’assistenza militare a Israele da parte degli Stati Uniti. Sembra che ci sia una preparazione per un possibile intervento militare su larga scala a Rafah». Niente sugli ostaggi ancora imprigionati, non una parola di condanna sui tagliagole di Hamas, nessuna pietà per i morti quando i morti sono degli ebrei.

E dire che l’Unrwa resta ancora al centro di polemiche da quando, a fine gennaio, Israele ha accusato 12 suoi dipendenti di essere coinvolti nell’attacco mortale di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre. Il ministro degli esteri israeliano Israel Katz aveva invitato lo stesso Lazzarini a dimettersi. Ma anche Lazzarni “tiene famiglia”, cercate di comprenderlo. Formatosi nelle fila della Croce Rossa internazionale, questo 60enne arruolato nelle fila dell’Onu ha lavorato su diversi scenari caldi: da quello serbo-bosniaco durante la guerra dei Balcani e a Mosul, Iraq. Poi il grande salto, con la benedizione di Antonio Guterres. Ora, noi non sappiamo se la stima fatta dall’Esercito israeliano (che ha parlato addirittura di “oltre 450 impiegati dell’Unrwa come appartenenti a organizzazioni terroristiche della striscia di Gaza, in particolare a Hamas”) sia esagerata o corretta: ma possiamo credere al terribile coinvolgimento negli abomini commessi dai palestinesi il 7 ottobre.

Ma torniamo a lui. Poco prima che Israele gli negasse il visto, Lazzarini rilasciò un’altra “esclusiva”, stavolta ad un canale svizzero-tedesco, accusando Israele di torturare i dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite arrestati: «Abbiamo testimonianze di prima mano che accusano Israele di maltrattamenti e torture sistematiche». Peccato che queste prove inconfutabili della perversione israeliana non siano mai state dimostrate. Viene da chiedersi: che cosa anima in Lazzarini tanto livore? Forse il ruolo che deve a forza recitare con la casacca di diplomatico Onu? Informazioni errate e spudoratamente di parte che gli propinano i suoi fedelissimi a Gaza? Pregiudizio anti-israeliano? O cos’altro?

(Lazzarini, a destra, a colloquio con il Segretario di Stato Usa Anthony Blinken)

Lui, intanto, ha saltato il fosso più insidioso che gli potesse capitare: dopo l’uscita di Usa, Gran Bretagna e altri Stati dall’elenco dei finanziatori Unrwa, e ha prontamente dichiarato di non volersi dimettere (e già: pure lui tiene famiglia…). Tuttavia, se continuasse l’astensione ai finanziamenti, l’Agenzia verrebbe privata di 450 milioni di dollari (418 milioni di euro) solo per quest’anno. Ma molte nazioni – non gli Stati Uniti – hanno già ripreso a elargire generosissime donazioni. A proposito di denari: meriterebbe poi un capitolo a parte l’approfondimento sui canali nei quali finiscono i finanziamenti ai palestinesi. L’Unione Europea ne dovrebbe sapere qualcosa: a fronte di miliardi di euro erogati, Hamas non ha mai pianificato progetti di sviluppo industriale, per l’agricoltura, e meno che mai culturali, preferendo destinare quelle generosissime vagonate di soldi all’acquisto di razzi e alla costruzione di tunnel sotterranei. Ma tutto questo a Lazzarini non importa.

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