Ascarelli, un eroe ebreo dimenticato

di Antonio Cardellicchio

L’astro degli Ascarelli, storica famiglia ebraica di Napoli, è Baruch Giorgio, l’azzurro, il fondatore e primo presidente del Calcio Napoli. Ma è l’intera famiglia ad essere una porzione luminosa, e significativa della storia della piccola comunità ebraica di Napoli e della città. Con le loro menti aperte e ingegnose, e il loro cuore grande, capace di conquistare consenso, affetto e riconoscenza.

Ne scrive con vivacità e ampia documentazione Nico Pirozzi, nel suo ultimo libro “Ascarelli. Una storia italiana”, Edizioni dell’Ippogrifo 2024.
Presentato con ampia e autorevole partecipazione il 30 maggio nell’Istituto di Cultura Meridionale.

Mentre infuria nel mondo un uragano di antisemitismo violento e mortale, con la caccia all’Ebreo nelle università, il negazionismo dell’orrore disumano del 7 ottobre, più efferato e sadico di quello nazista, l’intensificazione criminale smisurata della demonizzazione di Israele – qui, invece, un’oasi di pace e civile discussione, su una memoria ebraica e cittadina.
Presenti autorità sportive, ebrei della Comunità, magistrati, giornalisti. Apre il presidente ospite, l’avvocato Gennaro Famiglietti, che illustra attività interessanti dell’Istituto e, soprattutto, la benemerita iniziativa a favore degli studenti ucraini, martoriati dalla guerra di annientamento terrorista della Russia di Putin: il dono di computer per le loro scuole nei sottoscala.
Brillante introduzione di Gigi Di Fiore, giornalista del “Mattino” e autore di una storia del calcio Napoli; commosso intervento dello storico Presidente del calcio Napoli Corrado Ferlaino sui meriti indimenticabili di Giorgio Ascarelli. Poi l’autore esprime a viva voce i motivi salienti del libro.

Il tipico valore ebraico della Memoria al Futuro costituisce il filo rosso del libro.
La vitalità, l’energia, il rigore morale, l’iniziativa imprenditoriale pionieristica e lungimirante degli Ascarelli, il loro umanesimo coinvolgente, fatto di cordialità, simpatia, generosità, religiosità-laicità, segnano nel profondo la vita della Comunità Ebraica e la vita sociale, sportiva, economica, culturale della città.

Vengono a Napoli dal Ghetto di Roma, dove si erano distinti per una resistenza al potere del Papa Re, per meriti risorgimentali garibaldini. Pacifico Ascarelli aveva innalzato l’albero della libertà, segno della rivoluzione francese, nel cuore del Ghetto di Roma.

(Claudio Della Seta e Nico Pirozzi)

A Napoli inaugurano una solida impresa tessile, succursale della ditta romana, che si distingue per dinamismo concorrenziale, intraprendenza, qualità del prodotto, giustizia sociale spontanea e diretta, non quella dei sussidi e delle sovvenzioni statali. Lavoratori e impiegati dell’impresa vivono in un ambiente che valorizza i meriti, che riconosce il volto e il nome dei singoli, che raggiunge un’elevata produttività attraverso un esemplare umanesimo delle relazioni.
Nico Pirozzi ha l’intuizione di riconoscere, in tutto questo modo di agire, i precursori dell’esperienza di Adriano Olivetti, con le sue innovazioni di relazioni e produzione, nel nome di una “felicità collettiva”.
L’ottimale modello aziendale degli Ascarelli sarà la base di un irradiamento di iniziative e relazioni sociali, culturali, sportive, politiche nell’intera città.
Lunga e brillante la storia di questa famiglia.

“Quella degli Ascarelli è stata per secoli un’istituzione – scrive Pirozzi – se è vero come è vero che, nel 1795, Pio VI concedeva loro una serie di riconoscimenti e privilegi per il fedele servizio prestato in più e diverse occasioni per circa ottant’anni alla Reverenda Camera Apostolica, mentre un altro Ascarelli (probabilmente Samuele) commercializzava lane da materassi provenienti dai Balcani, molto apprezzate nei sacri palazzi, già ai tempi in cui Ippolito Aldobrandini (Clemente VIII) sedeva sulla cattedra di Pietro.
Gente che contava, gli Ascarelli.”

Si può risalire a “Debora Ascarelli che, nella seconda metà del Cinquecento, tradusse in italiano il ‘Mikdash Me’at’, il poema di Mosè ben Isaac di Rieti (il ‘Dante ebreo’) ispirato alla Divina Commedia; e ancor di più indietro nei secoli quella legata all’origine del cognome: ‘Az Ka-arì El’ o ‘Az Kaarì El’ e anche ‘Azqariell’ (forte come il leone di Dio).”

Nella devastante epidemia di colera a Napoli nel 1887, Pacifico Ascarelli si distingue nell’aiutare gli infermi a rischio della propria vita, “nel portare soccorsi nei tuguri dei quartieri più infetti”.
Popolarità e stima diffusa conducono Pacifico ad essere eletto consigliere comunale con l’appoggio di molti commercianti, massoni, liberali. Per la prima volta, un Ebreo a Palazzo San Giacomo. Anticipazione di Maurizio Valenzi, sindaco ebreo (1975-1983).

“A felicitarsi con Pacifico per i successi imprenditoriali e anche elettorali, ma anche per la fedeltà agli ideali di uguaglianza e fratellanza della Massoneria, sarà il Gran Maestro Ernesto Nathan (il sindaco ‘ebreo e massone’ di Roma), giunto a Napoli in quello scorcio di fine secolo per inaugurare il Tempio della Loggia Losanna in via Depretis. Un evento organizzato con cura, allo scopo di rafforzare lo storico legame tra la città e i ‘Liberi muratori’, che per secoli l’avevano riconosciuta come una tra le più importanti capitali europee della massoneria.”
Dopo le dimissioni di Pacifico, il nipote Dario diventa presidente della Comunità Ebraica di Napoli e consigliere comunale con le elezioni del 1914, poi anche nel consiglio provinciale.

Giorgio Baruch (Benedetto), figlio di Pacifico e Bice Foà, fin da giovanissimo manifesta una passione per il calcio, allora agli albori, praticato solo da marinai inglesi tra la viva attrazione dei napoletani.
Giorgio diventa socialista, sorvegliato dalla polizia politica come un aderente ma “poco fervente”. Socialista umanitario e riformista alla maniera di Giacomo Matteotti, per intenderci.
Gli interessi prevalenti di Giorgio sono imprenditoriali, sportivi (canottaggio, vela, tennis, atletica e sci), musicali, collezionismo di opere d’arte.
Giorgio comprende che sta finendo il periodo del dilettantismo calcistico, e investe le sue energie in questo campo. Diventa presidente dell’Internaples, e accelera il cambiamento fino alla fondazione dell’Associazione Calcio Napoli nel 1926.

(Giorgio Ascarelli)

Pioniere splendido, Giorgio Baruch agisce alla grande, con audacia imprenditoriale e passione-competenza sportiva. Assume mister William Garbutt, l’allenatore che aveva vinto tre scudetti con il Genoa, e il mitico attaccante Attila Sallustro; inizia un nuovo stadio presso il Rione Luzzatti, lo stadio Vesuvio, che verrà popolarmente chiamato Stadio Ascarelli.
Secondo alcune testimonianze familiari, il colore azzurro delle magliette e dei simboli del Calcio Napoli, che pure confermano il colore delle precedenti squadre, conterrebbe il segno dei sentimenti sionisti di Baruch Giorgio, insieme a quelli di amore per la città.
Ecco i colori del cielo e del mare dell’amata Eretz Israel, del cielo e del mare dell’amata Napoli.

Un male incurabile stronca la vita fervida, generosa, vulcanica di Giorgio, a circa 36 anni. Immensa l’emozione popolare, in un funerale di massa con commossa e ammirata partecipazione. I tifosi napoletani continuano a chiamare lo stadio con il nome di Ascarelli, vox populi nonostante la proibizione fascista per i cognomi ebraici.
Dal 1938 si scatena l’antisemitismo, in Germania con le leggi di Norimberga, e in Italia con le leggi razziali del fascismo e dello Stato italiano. Poi esploderà la Shoah.

Nel dopoguerra, i conti non tornano. “Lo sospettò anche Winston Churchill che, commentando la situazione politica che s’era venuta a creare nel nostro paese all’indomani della liberazione, ebbe ad affermare: ‘In Italia, sino al 25 luglio, c’erano 45 milioni di fascisti; dal giorno dopo, 45 milioni di antifascisti. Ma non mi risulta che l’Italia abbia 99 milioni di abitanti.’”
Pesa un’amara conclusione. Nel ricordare che

“la strada che porta il nome del presidente del tribunale della razza (via Gaetano Azzariti), della scuola titolata al più famoso dei firmatari del manifesto della razza (scuola media Nicola Pende), del monumento edificato per celebrare un criminale di guerra (mausoleo Rodolfo Graziani), della più prestigiosa delle istituzioni culturali napoletane, la biblioteca nazionale, che continua ad essere identificata con il nome del sovrano che promulgò le leggi razziste (Vittorio Emanuele III). O, stando sempre a Napoli, della piazza dove sorge il tempio del calcio cittadino – che anziché portare il nome di colui che regalò ai napoletani il primo vero club e anche uno stadio, porta quello di un gerarca fascista, per giunta sodale della Repubblica Sociale Italiana (Vincenzo Tecchio).”

La memoria della famiglia Ascarelli chiede giustizia. L’oblio tradisce il presente e oscura il futuro.
La Napoli che dimentica i suoi figli migliori conosce, infatti, un tempo buio di decadenza e regresso.
La storia degli Ascarelli, nobili Ebrei di Napoli, indica le possibilità di riscatto, energia morale, impresa, pluralismo, futuro.
Questo libro è parte di un progetto per restituire onore, merito e vita al nome degli Ascarelli.
Memoria dei loro meriti e dell’amore reciproco con Napoli, memoria delle persecuzioni per una resistenza alla bufera infernale del nuovo razzismo genocida antiebraico.

Mondo de-civilizzato, quello in cui accade l’inversione tra i carnefici del totalitarismo islamico e le vittime della patria ebraica.

One thought on “Ascarelli, un eroe ebreo dimenticato

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna all'inizio